Devo dire che l’idea di andare in
un altro paese ha cominciato a prendere piede già nel 2011,ma devo precisare
che la Germania non faceva assolutamente parte della rosa delle nostre mete.
Avevamo pensato all’Inghilterra, come tutti, alla Francia, dove abbiamo amici e
persino al Canada, che abbiamo scartato per la lontananza, e alla Svezia. Mio
marito ha anche fatto qualche colloquio in Inghilterra.
Un giorno del 2012,
guardando sul sito dell’Eures, mio marito lesse un annuncio interessante
riguardo alla ricerca di infermieri in Germania presso una casa di riposo e rispose,
in un momento di esasperazione professionale, in cui qualunque paese sembrava
meglio dell’Italia.
Arrivò a fare il
colloquio, ma poiché era troppo specializzato rispetto alle competenze
richieste, venne scartato.
Qui mi occorre aprire una parentesi perché, credo,
sia naturale pensare che tanto più uno è qualificato per un lavoro tante più
chances abbia.
In Italia dove per lavorare nei call-center ci vuole quanto meno
un diploma è così, ma in Germania, dal
momento che ti pagano in base alle tue competenze, oltre che in base alla
mansione svolta, il discorso è un po’ diverso e più avanti avrò occasione di
trattare questo argomento nello specifico.
Accantonammo dunque di nuovo l’idea
Germania, ma all’inizio del 2013 Lo Z.A.V. di Bonn (l’ente tedesco per il
lavoro internazionale) contattò mio marito con una nuova proposta, questa volta
nella terapia intensiva di una clinica di riabilitazione.
L’annuncio prometteva
uno stipendio da subito, anche durante i tre
mesi di corso di tedesco ( pagato anche quello), biglietto aereo, vitto
e alloggio durante il corso, contratto a tempo indeterminato previo periodo di
prova di sei mesi dalla data di assunzione.
Ci sembrò una proposta mirabolante
e tra il serio e il faceto rispondemmo, senza posarci sopra troppe speranze.
Dopo un mese, non avendo ricevuto alcuna risposta ce ne dimenticammo. Il
destino però era in agguato e il 17 maggio (esattamente 17 giorni dopo che mio
marito aveva ottenuto un contratto a tempo indeterminato in una casa di riposo)
trovammo nella nostra cassetta della posta un plico in tedesco…..
La nostra conoscenza del tedesco
era 0 quindi ricorremmo a Google Traslate, che peraltro non ci fu di molta
utilità; capimmo solo che era un contratto di lavoro.
Fortuna volle che il
marito della mia più cara amica , interprete al parlamento europeo, conosca un
interprete italiano che traduce dal e in tedesco e a lui abbia chiesto di
tradurre il documento in questione.
A tutti loro dobbiamo ancora la nostra più
viva riconoscenza, poiché senza il loro
prezioso aiuto non saremmo mai partiti.
Era un contratto di lavoro in piena
regola. La clinica in questione lo aveva spedito basandosi soltanto sulle
referenze fornite dallo Z.A.V senza nemmeno un colloquio. Chiedevano di
rimandarlo indietro firmato entro il 1 Giugno.
Il corso sarebbe cominciato il 1
Luglio a Colonia, dopo il corso il luogo di lavoro sarebbe stato Bonn, a 30km
più a sud.
Gli amici di cui sopra ci telefonarono prima ancora di inviarci la
traduzione e ci intimarono di partire perché il contratto era eccezionale:
bonus, assicurazione, avanzamenti di carriera ecc.
La nostra prima reazione, al
contrario di ciò che si può immaginare non fu gioia ma PAURA. Sapevamo che se volevamo davvero
emigrare quella era l’occasione migliore che potesse capitarci, ma ora che tutto
era diventato concreto, tangibile, era davvero quello che desideravamo?
Avremmo
avuto il coraggio di trasformare radicalmente la nostra vita o sarebbe stato meglio fare un passo
indietro e dire a noi stessi che avevamo scherzato?
In Italia avevamo casa,
Giuseppe aveva un lavoro “sicuro”, i nostri bambini erano integrati e felici,
amici e famiglia erano in Italia.
Inoltre noi avevamo ormai quasi 40 anni (39
io e 38 mio marito) e in Germania non ci eravamo mai andati, neppure in
vacanza.
Passammo 3 giorni senza dormire, cercando di capire che scelta fare.
Quello che ci fece decidere e ci diede il coraggio di compiere la nostra scelta
furono i nostri bambini: volevamo dare loro la possibilità di diventare
bilingui e di vivere in un paese dove è possibile progettare un futuro
lavorativo.
Mio marito partì il 1
Luglio.
Nei 6 mesi successivi io ho
organizzato la vendita della nostra casa in Italia, ho fatto documenti
e imballato mobili.
Intanto Giuseppe, a 900 km di distanza, metteva le basi per
la nostra nuova vita :scuola per i bambini, casa per noi e….documenti,
documenti, tanti documenti.
..il 5 Gennaio 2014 cominciava la nostra vita a
Bonn.
Ciao,
RispondiEliminasiamo una famiglia italiana che progetta di scappare all'estero il prima possibile,la nostra meta sara' probabilmente la Danimarca,cerchiamo un paese dove ci siano servizi,scuole,sanita',onesta' e una buona qualita' della vita.
Viviamo a Palermo e sia io che mio marito lavoriamo e abbiamo casa ma non siamo per niente soddisfatti e siamo molto preoccupati per il futuro dei nostri bimbi di 5 e 1 anno.
Anche noi non siamo "giovanissimi"abbiamo 36 anni ,ma crediamo che se non facciamo questo passo adesso non potremo farlo piu'.
Vorrei chiederti,data la tua recente esperienza,come hai gestito il trasferimento con i bambini...la nostra preoccupazione non e' ne' partire dal basso lavorativamente ne' i sacrifici che di sicuro attendono noi adulti,ma l'impatto che questo avra' sui bambini.
Il piccolo credo si adattera' bene perche ' comincera' li il nido ma il grande? ha 5 anni,al momento del trasferimento 6,e'un bambino socievole e chiaccherone ma ho paura che trovandosi in una classe dove non puo' interagire si possa chiudere a riccio.
I tuoi bimbi come stanno affrontando la scuola,la lingua la lontananza dai propri cari?
Ti saro' grata se vorrai darmi qualche consiglio!
Grazie!
Cara Genni, credo di averti risposto su google+, ma non trovo più la mia conversazione con te. Se, per caso,me la fossi solo sognata, ti prego di avvisarmi, e ti manderò un'altra mail. Ti chiedo scusa, ma sto imparando a gestire un blog, insieme a voi
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