Buon Natale

Buon Natale
Tommaso e Giacomo sui maialini, simbolo del nostro quartiere.

martedì 25 novembre 2014

Scuola e dintorni

Come promesso, oggi, per tutte le mamme e i papà, parleremo di scuola. 
Non spaventatevi: il sistema scolastico tedesco è totalmente diverso da quello italiano e discende da una mentalità molto differente dalla nostra, quindi nervi saldi. 
Noi cercheremo di riassumerla brevemente e aggiungeremo qualche impressione, tratta dalla nostra personale esperienza.

Cominciamo dai Kindergarten: gli asili tedeschi sono equiparabili ai nostri, con l’unica differenza che in Germania molti Kindergarten accudiscono bambini anche più piccoli (dall’anno e mezzo in poi, credo), un po’ come i nostri asili nido, ma pubblici. 
Per quanto riguarda la regione in cui viviamo (Nordrhein-Westfalen) c’è carenza di posti, quindi bisogna fare molte preiscrizioni e visitare più asili. 
Noi, malgrado Giuseppe avesse già mandato molte domande via internet prima del nostro arrivo, siamo riusciti ad ottenere un posto per Giacomo solo da agosto (inizio del nuovo anno scolastico). 
Siamo stati, comunque, molto fortunati, perché, se pure io non lavoro nostro figlio può rimanere all’asilo fino alle 14,15.  Infatti, se lavorano entrambi i genitori i bambini restano all’asilo fino alle 16,30, ma se un genitore è a casa, l’uscita è prevista alle 12,15. Alcuni asili (perversi a mio avviso) prevedono anche una formula che costringe il bambino a tornare a casa per pranzo e poi si può riportarlo dalle 14,00 alle 16,00. 
Anche i tedeschi sono creativi quando si tratta di complicarsi la vita.

Una cosa da sapere è che tutti i bambini fanno un test di lingua tedesca a due anni e uno a quattro anni. 
Se, per qualche motivo, il test non viene superato, tranquilli, non butteranno vostro figlio dalla rupe Tarpea, ma il Comune fornirà all’asilo in cui è iscritto il bambino i fondi per un corso di sostegno in lingua tedesca che verrà organizzato nell’asilo stesso e in orario “scolastico” . 
Alla famiglia il corso non costa nulla, ma ha l’obbligo di farlo frequentare al proprio figlio. 
Se il bambino non è iscritto ad alcun asilo, viene istituito un corso, sempre obbligatorio, all’interno di una struttura. 
L’asilo viene frequentato fino ai cinque anni di età (come in Italia).

Segue la Grundschule (scuola elementare) che dura solo 4 anni in Germania (dai 6 a 9 anni). Dopo bisogna scegliere un’altra scuola, che comprende le nostre medie e superiori.

Esistono tre tipi di scuole “superiori”:

1) Hauptschule: è  equiparabile al nostro avviamento al lavoro.

2)Realschule: è equiparabile ai nostri istituti tecnici.
Al termine della Realschule, se non si è interessati all’Università non si deve sostenere nessun esame, se si è interessati a qualche facoltà bisogna sostenere un Fachabitur (esame di maturità parziale: solo nelle materie che interessano). 
Esistono anche diversi contratti di formazione-lavoro postdiploma (Ausbildung)

3) Gymnasium. Come suggerisce la parola stessa, è equiparabile ai nostri licei e prevede, al termine del corso di studi, l’Abitur (il nostro esame di maturità). 
Con l’Abitur si ha accesso a qualunque Università. 
In Germania non esistono facoltà a numero chiuso, ma, a seconda del voto ottenuto all’Abitur, si può venir inseriti in liste d’attesa.

A queste scuole si affiancano le Gesamtschule: sono nate circa 20 anni fa e cercano di venire incontro a chi non vuole scegliere il percorso scolastico del proprio figlio così presto. 
Infatti, comprendono sia percorsi liceali che istituti tecnici e il passaggio da un percorso all’altro può avvenire all’interno  dello stesso istituto. 
Come si può facilmente immaginare, queste scuole vengono prese d'assalto, anche perché permettono agli allievi di studiare con meno stress, senza per questo precludersi la possibilità di frequentare il Gymnasium.

Maggiori informazioni si possono trovare sull’opuscolo redatto dai consolati.

Sappiamo che può sembrare folle (e in effetti lo è) che un bambino sia costretto a scegliere il proprio percorso scolastico (e, in qualche modo lavorativo) a nove anni. 
Se a questo aggiungete che le scuole possono non accettare i bambini, in caso di troppe iscrizioni (fatto che accade regolarmente) o di media non sufficiente agli standard previsti e che il parere della scuola (Empfehlung) a questo riguardo, se pure non è più determinante da un paio d’anni, è comunque molto importante, ne esce un quadro piuttosto allucinante per un italiano. 
Senza entrare nel merito di questo sistema, possiamo dire che non piace troppo neanche ai tedeschi. 
Per spezzare una lancia a suo favore bisogna, però, tenete presente che , al contrario di ciò che sembra, questo sistema non è rigido. 
Infatti, se un allievo ha buoni voti, può cambiare percorso (da Realschule a Gymnasium ad esempio) in modo molto semplice; vero è, che può accadere anche il contrario.

Va da sé che più piccoli sono i bambini quando ci si trasferisce, meglio è. 
Le cose sono un po’ più complicate per i bambini che non conoscono il tedesco e che sono troppo grandi per frequentare la scuola elementare. 
Normalmente, vengono inseriti in classi “internazionali” dove possono imparare  il tedesco e, solo dopo, può venire scelta una scuola. 
Spesso questo provoca la retrocessione di un anno o due. 

Esistono però molte alternative. 
Ad esempio, negli ultimi anni, qualche Gesamtschule ha avviato classi “internazionali”, in cui gli allievi frequentano a parte lezioni intensive di tedesco, mentre per le altre materie vengono inseriti in classi regolari. 
In alcune regioni e città (a Colonia esiste) sono presenti anche scuole bilingui italo-tedesche, patrocinate dal consolato italiano, con un ordinamento scolastico italiano, in cui lezioni in italiano (quanto “italiano”!!!) vengono affiancate a lezioni in tedesco. 
Si può, inoltre, (anche questo è valido solo per alcune regioni) usufruire di un insegnante di tedesco pagato metà dal consolato italiano e metà a vostro carico, per aiutare i vostri figli in età scolare nell’apprendimento della lingua tedesca. 
Ancora, esistono varie associazioni che si occupano di integrazione e che, tra i molti servizi, offrono anche aiuto per i compiti a prezzi davvero modici. 
Noi ne abbiamo trovata una (AWO) che costa 15 euro al mese. 

Detto questo, un consiglio: non fatevi prendere dal panico. 
Il sistema sembra complicato e stressante, ma nessun bambino rimane senza andare a scuola. 
Inoltre, almeno per la nostra esperienza, nelle scuole tedesche nessun bambino viene trascurato. 
Appena Tommaso ha cominciato a frequentare la Grundschule (ed era a metà anno scolastico), ha potuto usufruire di varie lezioni di tedesco come lingua straniera all’interno dell’orario scolastico. 
La scuola, a questo fine, ha cercato volontari tra i genitori, perché venissero a far lezione ai bimbi stranieri  utilizzando apposito materiale comperato dalla scuola stessa. La risposta è stata eccezionale e Tommaso faceva 4 ore di DAZ  (tedesco come lingua seconda) alla settimana, coordinate dall’ insegnante della sua classe. 
Inoltre, nella classe è stato seguito molto, ed ha così potuto imparare il tedesco molto velocemente.


sabato 22 novembre 2014

Da dove cominciare

Da quando Aldo ha pubblicato il nostro articolo su Italiansifuga moltissime persone sono venute a curiosare sul nostro Blog.
Di questo siamo, naturalmente, felici: molti ci hanno fatto i complimenti e ci hanno augurato in bocca al lupo. GRAZIE GRAZIE GRAZIE. 

Tanti ci chiedono consigli, informazioni e indirizzi. 
Ad alcuni siamo riusciti a rispondere privatamente, ma, per cercare di venire incontro a più richieste possibili, abbiamo deciso di pubblicare un paio di post in cui troverete qualche indirizzo utile per la ricerca del lavoro e qualche informazione sul sistema Germania. 
Se i Link pubblicati non vi daranno accesso diretto al sito fate copia/incolla sul vostro browser (perdonatemi, io non sono molto pratica, ancora). 
Scusateci in anticipo,  non riusciremo sicuramente ad essere esaustivi, ma considerate questo un punto di partenza per le vostre ricerche.

Lavoro: se avete una buona conoscenza del tedesco, naturalmente, le difficoltà si riducono notevolmente perché in Germania il mercato del lavoro è attivo e dinamico in qualsiasi settore. 
Potete andare su siti di recruitment tedeschi o contattare direttamente le aziende a cui siete interessati. 
Se non conoscete il tedesco, ma possedete una professione di cui la Germania è carente (infermieri, ingegneri ecc) la conoscenza del tedesco non è indispensabile perché saranno le aziende stesse a fornirvi i corsi di lingua. 
Per alcuni lavori, come l’infermiere ad esempio, è necessario sostenere un esame di lingua che attesti un livello di conoscenza B1/ B2 (molto alto), ma è comunque possibile lavorare con qualifica (e stipendio) un poco inferiore, finchè non viene superato l’esame. Vi sono poi ambiti lavorativi in cui viene adoperato l’inglese. 
A tutti consigliamo di compilare un lebenslauf (curriculum vitae),preferibilmente NON quello europeo. Noi vi segnaliamo un link:


Inserendo “lebenslauf” su Google ne potrete trovarne moltissimi, tra cui scegliere. 
Una cosa che dovete ASSOLUTAMENTE EVITARE è scrivere “ disposto a qualsiasi lavoro”. 
Il vostro C.V verrebbe cestinato immediatamente, perché i tedeschi ne trarrebbero la  conclusione che non siete capaci di fare nulla. 
Scrivete le vostre esperienze  (e/o la vostra carriera scolastica) e candidatevi  solo per le posizioni che vi interessano. Questo è considerato un segno di serietà.
Altro sito, secondo noi importante è quello dello ZAV di Bonn. Lo ZAV è l’ente nazionale tedesco che si occupa di ricerca di personale internazionale.


Il sito è in tedesco, ma se lo aprite con Google Chrome potrete leggerlo in italiano (o in una lingua che somiglia all’italiano). 
Qui potrete trovare annunci, ma anche informazioni varie sulle traduzioni dei titoli, sulla vita in Germania ecc. 
Potete inviare loro il vostro C. V., anche in inglese o, contattarli, via mail o telefonicamente (anche in inglese). Sono generalmente molto gentili e disponibili.

Germanian Style: info sui primi passi da compiere, assicurazione sanitaria, corsi di lingua, ordinamento scolastico, tasse e quant’altro, potete trovarle su un libretto in pdf redatto dai consolati italiani. 
Lo trovate sulla home page di qualsiasi consolato italiano in Germania, noi vi diamo il link di quello di Colonia (solo perché lo conosciamo meglio)



Naturalmente, poiché la Germania è una democrazia federale, ogni Land (regione) gode di grande autonomia, perciò il consiglio è di cercare informazioni più precise sulla regione nella quale volete trasferirvi, quando l’avrete scelta. 
Per tutti coloro che hanno bambini in età scolare, prestissimo pubblicheremo un post specifico sulla scuola e su come i nostri bambini si sono integrati. 

Per ora, a tutti, vogliamo augurare un grandissimo in bocca al lupo.

martedì 18 novembre 2014

Italiche contraddizioni (Oltre il danno, la beffa?)

Come promesso, oggi vi racconto la fine dell’avventura “Quadrifoglio”. 
Vi avviso però: dovrete armarvi di pazienza e nervi saldi per arrivare al fondo di questo racconto. 
Una volta mandata in pensione la nostra macchina e compratane una nuova (il chè merita un post a parte), ci rimaneva ancora una cosa  da fare: restituire in Italia le targhe. Tutti, infatti, sanno, tutti tranne me, che le targhe della macchina non si possono incorniciare ad imperituro ricordo e neppure seppellire in giardino. 
Se così faceste, sareste condannati a continuare a pagare il bollo, dunque è necessario restituirle al Pubblico Registro Automobilistico (P.R.A.). 
Sapendo dove restituirle , ci sentivamo già a metà dell’opera…ma fu il come (e, in parte, il quando) a fregarci.

La 1° telefonata la fece Giuseppe e scoprimmo che le targhe non si possono spedire perché bisogna firmare una serie di documenti in loco. 
Il resto sembrava facile: bisognava portare il Certificato di Proprietà (CdP) e la macchina sarebbe stata radiata per esportazione. Poiché avevamo programmato le vacanze in Italia non ci preoccupammo. 
Fortunatamente, e scoprirete perché fortunatamente, il nostro CdP era scomparso durante il trasloco. Con ogni probabilità, lo troveremo tra qualche anno, ma nel momento in cui lo cercammo non ci fu verso di scovarlo. Decidemmo, quindi, di ritelefonare al P.R.A. 

La 2°telefonata la feci io. Dovete sapere che io ho l’abitudine di raccontare sempre tutto per filo e per segno (Giuseppe dice che riesco ad essere prolissa pure in tedesco, anche se lo conosco poco).
Mentre, dunque, raccontavo all’impiegato la storia della mia vita, lui ad un certo punto ammutolì e poi chiese: “Ma quando venite in Italia?”. “Il 15 o il 16 Luglio dovremmo essere lì”, risposi innocentemente. 
“Allora non potete riconsegnare le targhe perché 14 luglio entra in vigore una legge in base alla quale non si possono esportare le macchine, se prima non si ottengono le targhe straniere, perciò  dovete riportare la macchina in Italia”.
Rispiegai, poiché glielo avevo già detto, che la nostra macchina era stata rottamata. “Non so cosa dirle, mi deve riportare la macchina”, disse lui irremovibile. 
Feci appello a tutto il mio self control per non mandarlo a quel paese e a tutte le mie conoscenze legali, che mi derivano da anni di preziosa amicizia con un avvocato. 
Chiesi se questa legge era retroattiva.
“Ovviamente no” fu la risposta. 
“Dunque, quando ho esportato la macchina era legale?”, chiesi. 
“Si” fu la risposta. 
Incalzai: “Quando l’ho rottamata, anche”. 
Ancora “Si”.
A quel cercai di metterlo con le spalle al muro: “Allora il semplice atto di riconsegna delle targhe non può essere illegale”. 
L’impiegato parve convinto, mi disse che, allora, avrebbero radiato la macchina per rottamazione e non per esportazione. Bisognava portare il certificato di rottamazione. Io lo avevo, ma in tedesco. “Nessun problema, noi conosciamo i certificati di rottamazione di tutta  Europa”, fu la risposta impettita. 
Mi spiegò ancora che avrei dovuto andare dai carabinieri per fare la denuncia di smarrimento del CdP , di cui ormai io mi ero dimenticata, e allegare anche la denuncia. Ero orgogliosa di me: problema visto e risolto. 
Peccato che, nel mio entusiasmo, non avevo chiesto il nome all’impiegato in questione e, come mi fece notare Giuseppe, il popolo italiano è originale e fantasioso anche nell’interpretare le leggi, quindi il suo deliberare avrebbe anche potuto non essere condiviso.  

Decidemmo di fare una 3° telefonata per scoprire il nome dell’impiegato misterioso. Chiamai di nuovo io e trovai un’impiegata che, non appena sentì nominare l’estero, mi passò il suo diretto superiore (a cui chiesi subito il nome, stavolta). 
La circolare era troppo nuova, non avevano avuto il tempo di studiarla, quindi avrei dovuto chiamare il giorno dopo (dell’impiegato anonimo nessuna traccia). 

Richiamai (5° telefonata). Erano preparati: confermata la radiazione per rottamazione all’estero. Esultai…… troppo presto: dovevamo far tradurre il certificato di rottamazione e fare certificare la traduzione da un tribunale italiano. 
Evidentemente, l’anonimo impiegato era l’unico a conoscere i certificati di rottamazione di tutta Europa e i suoi colleghi non lo sapevano. 
Avrei voluto urlare:per quanti non lo sappiano, costo a parte (e non è poco), ci vuole un sacco di tempo per far tradurre anche solo una paginetta, visto che il tribunale certifica solo le traduzioni di traduttori da lui riconosciuti. Inoltre il suddetto tribunale ci mette non meno di due settimane per apporre timbro e firma. 
La nostra vacanza durava solo 10 giorni. 
Chiesi se era possibile fare un’autocertificazione in cui attestavamo la rottamazione dell’auto. 
“Assolutamente no”, fu la risposta. 

Non avevo più risorse e mi stavo dando per vinta , quando il responsabile, forse mosso a pietà, mi chiese :”Ma lei lo conosce il tedesco?”. 
“Si, un po’”, risposi. 
”Allora non c’è problema ce lo traduca lei”. 
Io rimasi un po’ perplessa: una autocertificazione firmata no, ma una traduzione casalinga sì ??. 
Però, non dissi niente, ringraziai e chiesi di poter parlare direttamente con lui quando ci fossimo presentati al PRA. 

Acconsentì e il 15 luglio 2014, riuscimmo a riconsegnare le targhe della nostra auto. 
Per dovere di cronaca, dobbiamo aggiungere che il responsabile in questione fu davvero molto gentile con noi, ma non guardò  il certificato di rottamazione, nè in tedesco né tradotto.


PS: Se qualcuno avesse delucidazioni sul senso di questa nuova legge, entrata in vigore il 14/07/2014 e potesse spiegare come si può fare oggi a restituire le targhe italiane, una volta avute quelle straniere, gliene saremmo grati. 
Noi non abbiamo avuto la forza di indagare per capirlo.

sabato 15 novembre 2014

Grazie Aldo

Chiunque voglia emigrare all’estero conosce il sito www.italiansinfuga.com o almeno, dovrebbe. 
E’ un sito eccezionale dove potete trovare tutte le informazioni utili al vostro scopo, quale che sia la vostra meta. 
Oltre a questo curiosità, forum e storie: storie di chi è partito, di chi è tornato, di chi non sa…, di chi vorrebbe ma……Il tutto coordinato con passione e obiettività. 
Tra tutte queste storie, oggi è stata pubblicata anche la nostra ( http://www.italiansinfuga.com/2014/11/14/quando-emigrare-e-un-affare-di-famiglia/  ). 
Per averci permesso di essere parte di questo progetto, oltre che per l’eccezionale lavoro che è stato compiuto in questi anni e che ha reso  www.italiansinfuga.com  un punto di riferimento nell’universo dei migranti, vorremmo pubblicamente ringraziare Aldo  e tutta la redazione. 

mercoledì 12 novembre 2014

Dite al Tüv che la Germania è in Europa.

Prima di raccontarvi questa, invero triste, avventura devo spiegare brevemente che cos’è il Tüv. Il Tüv è l’ente di controllo qualità tedesco: controlla dai giocattoli alle parti di ricambio delle centrali elettriche, dalle maglie alle…automobili. 
Proprio per la nostra amatissima automobile “Quadrifoglio” (ebbene sì, apparteniamo a quella categoria di persone che danno nomi alle auto) abbiamo avuto a che fare con questo diabolico ente. 
Come molti di voi sapranno, in Europa, ogni macchina che si trova in territorio straniero da più di 6 mesi deve essere reimmatricolata con targa del paese ospitante e per fare ciò, in Germania, bisogna passare la revisione del temutissimo Tüv.
Poiché noi avevamo portato con noi (o meglio, tecnicamente lei aveva portato noi) la nostra meravigliosa alfa 146 del 2000 con soli 50.000 km, un impianto a gas nuovissimo e una carrozzeria tutta bozzi e righe a prova  di ladro, ad Aprile (scadenza della revisione italiana) l’abbiamo portata a fare la revisione al Tüv, certi che non avremmo avuto problemi, visto che l’avevamo fatta controllare da cima a fondo prima del viaggio. Beata ingenuità: la nostra adoratissima e perfetta (per noi si intende) macchina non passò assolutamente la revisione per via di un qualche problema, che invero non capimmo subito, con l’impianto a gas.
 Per noi fu una doccia fredda: gli impianti a gas vengono costruiti e montati secondo norme europee, quindi ci sembrò molto strano. 
Tuttavia non ci arrendemmo e portammo “Quadrifoglio” ad un meccanico tedesco, specializzato nel montaggio di impianti a gas. Secondo lui, l’impianto, se pure montato in modo leggermente diverso da come si usa in Germania, era perfetto. 
Ci disse, quindi, che avrebbe contattato lui stesso il Tüv. 
Avere un esperto dalla nostra parte ci sollevò moltissimo, anche perchè il nostro tedesco non avrebbe mai permesso di spiegarci. 
Ci cullammo nell'illusione  che con questo alleato saremmo riusciti a risolvere il problema, ma  anche questa illusione era destinata a durare poco: dopo una settimana il meccanico ci chiese una lunga lista di documenti, che avrebbero dovuto servire per spiegare al Tüv che le leggi “europee” valgono, come dice la parola, in tutta Europa. 
Non demordemmo (siamo tipi piuttosto ostinati, in verità) e con grande fatica riuscimmo a reperirli, ma neppure questo valse a convincere il Tüv.
Dopo un mese, anche il nostro esperto venne sconfitto. Il verdetto era irrevocabile: la nostra macchina non avrebbe mai passato la revisione, l’unica soluzione era togliere l’impianto a gas italiano e montarne uno nuovo, tedesco naturalmente. 
Togliere semplicemente l’impianto non sarebbe stato sufficiente, visto che le emissioni dei gas di scarico erano troppo alte . Il meccanico stesso era più sconsolato e arrabbiato di noi con il  Tüv, tanto che non ci chiese di pagare nulla per tutto il tempo perso (e vi assicuro che non è stato poco). 
Ci suggerì di cambiare macchina  perché la spesa sarebbe stata maggiore valore dell’auto e noi, a malincuore, decidemmo di seguire il suo suggerimento.

La cosa che ci ha fatto arrabbiare di più durante tutta questa vicenda, oltre la perdita della nostra auto, è stato vedere girare per la città dei veri e propri rottami, vecchi di vent’anni,  senza problemi. 
Naturalmente, in quel periodo noi guardavamo tutte le macchine e non capivamo perchè la nostra dovesse finire dallo sfasciacarrozze (perché senza  documenti tedeschi non si poteva neppure vendere o avere uno sconto comprandone una nuova) e quelle circolassero indisturbate. 
Così ci siamo informati  e abbiamo fatto una  scoperta interessante: la revisione così rigida viene riservata solo alle macchine straniere che devono essere reimmatricolate, le macchine tedesche di nascita si possono far revisionare da meccanici amici che hanno la licenza. 
Trovate qualche somiglianza con il Belpaese??.

Il nostro consiglio, dunque, per chiunque abbia una macchina con impianto a gas non montato dalla casa produttrice e voglia trasferirsi in Germania (per la precisione in Nord  Reno Westfalia) è: vendetela in Italia. 
Tutte le altre auto, invece, possono farcela, a condizione che non siano troppo vecchie, perché la soglia di tollerabilità delle emissioni di gas è molto più bassa rispetto all’ Italia (altra legge europea).

Comunque l’avventura “Quadrifoglio” non finisce qui………



mercoledì 5 novembre 2014

Primo contatto

Eravamo ancora in Italia quando abbiamo avuto il primo contatto con la mentalità tedesca e, devo ammettere, è stato per noi alquanto imbarazzante.
Il famoso contratto di lavoro trovato nella buca delle lettere (perché dovete sapere che i tedeschi si fidano così tanto delle proprie poste da non usare nemmeno le raccomandate) oltre ad essere in tedesco (perché i tedeschi sono coerenti e non ci pensano nemmeno a mandarti un contratto, che so io, in inglese) doveva  essere firmato e restituito loro entro il 1 Giugno, ma non era firmato dal consiglio di amministrazione della clinica. 
Si riservavano infatti di firmarlo dopo la riconsegna da parte di Giuseppe e darglielo una volta che fosse arrivato a Colonia.
Evidentemente i signori del consiglio di amministrazione della suddetta clinica avranno spedito centinaia di contratti in centinaia di buche delle lettere e avranno pensato che non valeva la pena firmarli se prima non venivano accettati, il chè è un pensiero molto tedesco, perché il tedesco lavora, ma solo se non può farne a meno. A differenza dell’italiano però, quando  deve, già che c’è, lavora bene. 
Tornando a noi, ci sentivamo già abbastanza avventati a mollare tutto con in mano un contratto “sicuro”, con uno senza firma ci saremmo sentiti addirittura stupidi. 
Non sarebbe stato divertente arrivare a Colonia e sentirsi dire: ”Abbiamo scherzato, volevamo solo provare le poste italiane…”. 
Scherzi a parte, lasciare un lavoro a tempo indeterminato per un contratto senza firma era un rischio che non potevamo proprio permetterci. 
Da buoni italiani, avuta la certezza che la clinica esisteva davvero, telefonammo per chiedere se potevano rispedirci in tempi brevi il contratto firmato. 
Non capirono la domanda. Non era per la lingua, infatti il primo incontro è avvenuto nel campo neutrale dell’Inglese, ma proprio non riuscivano a capire per quale motivo ci serviva un contratto firmato. 
Giuseppe spiegò che ci serviva il contratto firmato per avere "la certezza" del lavoro. Continuavano a non capire. Pensammo a due possibilità: 1) I tedeschi non erano tanto svegli. 2) I tedeschi ci stavano prendendo in giro. 
Ora, dovete sapere che i tedeschi non hanno senso dell’umorismo o, quanto meno sono diversamenteumoristici; quindi, pensando ad un qualche deficit di comprensione spiegammo, con l’atteggiamento di chi spiega una cosa ovvia, che un contratto per essere vincolante deve essere firmato. 
Si stupirono: erano stati loro a mandare il contratto, voleva dire che erano interessati, altrimenti non avrebbero mandato niente. Quel contratto era vincolante per loro, dal momento in cui lo avevano spedito. 
Comunque, aggiunsero con tono accondiscendente, ce lo avrebbero rispedito firmato quanto prima, se questo poteva tranquillizzarci… Del resto sapevano che gli italiani sono noti per le fregature che danno (e ricevono), ma ci tenevano a sottolineare che in Germania certe cose non succedono. 
Ora, siccome come recita il detto: “Tutto il mondo è paese”, non sarei così sicura che nessun tedesco abbia mai fregato nessuno. Ciò non toglie che in quel momento ci sentimmo feriti nel già scarso orgoglio nazionale. 
Comunque, nel giro di una settimana  ricevemmo il nostro contratto firmato. Quando Giuseppe arrivò a Colonia, venimmo a sapere era l’unico ad averlo avuto… 
...Italiani campioni di diffidenza.

domenica 2 novembre 2014

La Germania all’improvviso

Devo dire che l’idea di andare in un altro paese ha cominciato a prendere piede già nel 2011,ma devo precisare che la Germania non faceva assolutamente parte della rosa delle nostre mete. 
Avevamo pensato all’Inghilterra, come tutti, alla Francia, dove abbiamo amici e persino al Canada, che abbiamo scartato per la lontananza, e alla Svezia. Mio marito ha anche fatto qualche colloquio in Inghilterra. 
Un giorno del 2012, guardando sul sito dell’Eures, mio marito lesse un annuncio interessante riguardo alla ricerca di infermieri in Germania presso una casa di riposo e rispose, in un momento di esasperazione professionale, in cui qualunque paese sembrava meglio dell’Italia. 
Arrivò a  fare il colloquio, ma poiché era troppo specializzato rispetto alle competenze richieste, venne scartato. 
Qui mi occorre aprire una parentesi perché, credo, sia naturale pensare che tanto più uno è qualificato per un lavoro tante più chances abbia.
In Italia dove per lavorare nei call-center ci vuole quanto meno un diploma  è così, ma in Germania, dal momento che ti pagano in base alle tue competenze, oltre che in base alla mansione svolta, il discorso è un po’ diverso e più avanti avrò occasione di trattare questo argomento nello specifico. 
Accantonammo dunque di nuovo l’idea Germania, ma all’inizio del 2013 Lo Z.A.V. di Bonn (l’ente tedesco per il lavoro internazionale) contattò mio marito con una nuova proposta, questa volta nella terapia intensiva di una clinica di riabilitazione. 
L’annuncio prometteva uno stipendio da subito, anche durante i tre  mesi di corso di tedesco ( pagato anche quello), biglietto aereo, vitto e alloggio durante il corso, contratto a tempo indeterminato previo periodo di prova di sei mesi dalla data di assunzione. 
Ci sembrò una proposta mirabolante e tra il serio e il faceto rispondemmo, senza posarci sopra troppe speranze. Dopo un mese, non avendo ricevuto alcuna risposta ce ne dimenticammo. Il destino però era in agguato e il 17 maggio (esattamente 17 giorni dopo che mio marito aveva ottenuto un contratto a tempo indeterminato in una casa di riposo) trovammo nella nostra cassetta della posta un plico in tedesco…..


La nostra conoscenza del tedesco era 0 quindi ricorremmo a Google Traslate, che peraltro non ci fu di molta utilità; capimmo solo che era un contratto di lavoro.
Fortuna volle che il marito della mia più cara amica , interprete al parlamento europeo, conosca un interprete italiano che traduce dal e in tedesco e a lui abbia chiesto di tradurre il documento in questione. 
A tutti loro dobbiamo ancora la nostra più viva riconoscenza,  poiché senza il loro prezioso aiuto non saremmo mai partiti. 
Era un contratto di lavoro in piena regola. La clinica in questione lo aveva spedito basandosi soltanto sulle referenze fornite dallo Z.A.V senza nemmeno un colloquio. Chiedevano di rimandarlo indietro firmato entro il 1 Giugno. 
Il corso sarebbe cominciato il 1 Luglio a Colonia, dopo il corso il luogo di lavoro sarebbe stato Bonn, a 30km più a sud. 
Gli amici di cui sopra ci telefonarono prima ancora di inviarci la traduzione e ci intimarono di partire perché il contratto era eccezionale: bonus, assicurazione, avanzamenti di carriera ecc. 

La nostra prima reazione, al contrario di ciò che si può immaginare non fu gioia ma  PAURA. Sapevamo che se volevamo davvero emigrare quella era l’occasione migliore che potesse capitarci, ma ora che tutto era diventato concreto, tangibile, era davvero quello che desideravamo? 
Avremmo avuto il coraggio di trasformare radicalmente la nostra vita o sarebbe stato meglio fare un passo indietro e dire a noi stessi che avevamo scherzato?
In Italia avevamo casa, Giuseppe aveva un lavoro “sicuro”, i nostri bambini erano integrati e felici, amici e famiglia erano in Italia. 
Inoltre noi avevamo ormai quasi 40 anni (39 io e 38 mio marito) e in Germania non ci eravamo mai andati, neppure in vacanza. 
Passammo 3 giorni senza dormire, cercando di capire che scelta fare. Quello che ci fece decidere e ci diede il coraggio di compiere la nostra scelta furono i nostri bambini: volevamo dare loro la possibilità di diventare bilingui e di vivere in un paese dove è possibile progettare un futuro lavorativo. 
Mio marito partì  il 1 Luglio.  
Nei 6 mesi successivi io ho organizzato la  vendita  della nostra casa in Italia, ho fatto documenti e imballato mobili. 
Intanto Giuseppe, a 900 km di distanza, metteva le basi per la nostra nuova vita :scuola per i bambini, casa per noi e….documenti, documenti, tanti documenti.
..il 5 Gennaio 2014 cominciava la nostra vita a Bonn.

In principio…era Piovà.


Piovà Massaia (così chiamato in onore del Cardinale, che qui nacque) è un minuscolo paesino adagiato sulle colline piemontesi, in provincia  di Asti. 
“Terra di vini e di Santi”, così dicono perché vi è una grande varietà sia degli uni che degli altri… 
Il principio era il 2003  quando due ragazzi sulla soglia della trentina (io e mio marito), pieni di progetti  decidevano di costruire insieme la loro vita e sceglievano un luogo dove tutti i loro sogni avrebbero potuto concretizzarsi.
A Piovà abbiamo comprato una grande casa dove ci sarebbe piaciuto invecchiare, ma , come dice spesso mio marito Giuseppe, questo meraviglioso paesino e tutti i suoi allora 750 abitanti  sono in Italia e, per quanto abbiamo lottato, due figli e 11 anni dopo abbiamo compreso che, anche se amiamo profondamente il nostro paese, i nostri sogni lì non si sarebbero realizzati. 
Da questa consapevolezza comincia l’avventura di un infermiere,  di una professoressa di lettere eternamente precaria, dei nostri bambini (Tommaso ora 9 anni e Giacomo 4) e della mia coraggiosissima  suocera Mattea, arzilla settantacinquenne. 
La nostra è  un’emigrazione di famiglia e voglio condividere con voi le nostre avventure in Germania, raccontarvi un po’ di vita tedesca (e, magari, sfatare qualche mito) e come ci stiamo abituando alla nostra nuova vita in questa terra che ora chiamiamo casa. Prima, però, la storia, breve, di come siamo arrivati a scegliere questo, tra tutti i paesi possibili.