Buon Natale

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Tommaso e Giacomo sui maialini, simbolo del nostro quartiere.

mercoledì 5 novembre 2014

Primo contatto

Eravamo ancora in Italia quando abbiamo avuto il primo contatto con la mentalità tedesca e, devo ammettere, è stato per noi alquanto imbarazzante.
Il famoso contratto di lavoro trovato nella buca delle lettere (perché dovete sapere che i tedeschi si fidano così tanto delle proprie poste da non usare nemmeno le raccomandate) oltre ad essere in tedesco (perché i tedeschi sono coerenti e non ci pensano nemmeno a mandarti un contratto, che so io, in inglese) doveva  essere firmato e restituito loro entro il 1 Giugno, ma non era firmato dal consiglio di amministrazione della clinica. 
Si riservavano infatti di firmarlo dopo la riconsegna da parte di Giuseppe e darglielo una volta che fosse arrivato a Colonia.
Evidentemente i signori del consiglio di amministrazione della suddetta clinica avranno spedito centinaia di contratti in centinaia di buche delle lettere e avranno pensato che non valeva la pena firmarli se prima non venivano accettati, il chè è un pensiero molto tedesco, perché il tedesco lavora, ma solo se non può farne a meno. A differenza dell’italiano però, quando  deve, già che c’è, lavora bene. 
Tornando a noi, ci sentivamo già abbastanza avventati a mollare tutto con in mano un contratto “sicuro”, con uno senza firma ci saremmo sentiti addirittura stupidi. 
Non sarebbe stato divertente arrivare a Colonia e sentirsi dire: ”Abbiamo scherzato, volevamo solo provare le poste italiane…”. 
Scherzi a parte, lasciare un lavoro a tempo indeterminato per un contratto senza firma era un rischio che non potevamo proprio permetterci. 
Da buoni italiani, avuta la certezza che la clinica esisteva davvero, telefonammo per chiedere se potevano rispedirci in tempi brevi il contratto firmato. 
Non capirono la domanda. Non era per la lingua, infatti il primo incontro è avvenuto nel campo neutrale dell’Inglese, ma proprio non riuscivano a capire per quale motivo ci serviva un contratto firmato. 
Giuseppe spiegò che ci serviva il contratto firmato per avere "la certezza" del lavoro. Continuavano a non capire. Pensammo a due possibilità: 1) I tedeschi non erano tanto svegli. 2) I tedeschi ci stavano prendendo in giro. 
Ora, dovete sapere che i tedeschi non hanno senso dell’umorismo o, quanto meno sono diversamenteumoristici; quindi, pensando ad un qualche deficit di comprensione spiegammo, con l’atteggiamento di chi spiega una cosa ovvia, che un contratto per essere vincolante deve essere firmato. 
Si stupirono: erano stati loro a mandare il contratto, voleva dire che erano interessati, altrimenti non avrebbero mandato niente. Quel contratto era vincolante per loro, dal momento in cui lo avevano spedito. 
Comunque, aggiunsero con tono accondiscendente, ce lo avrebbero rispedito firmato quanto prima, se questo poteva tranquillizzarci… Del resto sapevano che gli italiani sono noti per le fregature che danno (e ricevono), ma ci tenevano a sottolineare che in Germania certe cose non succedono. 
Ora, siccome come recita il detto: “Tutto il mondo è paese”, non sarei così sicura che nessun tedesco abbia mai fregato nessuno. Ciò non toglie che in quel momento ci sentimmo feriti nel già scarso orgoglio nazionale. 
Comunque, nel giro di una settimana  ricevemmo il nostro contratto firmato. Quando Giuseppe arrivò a Colonia, venimmo a sapere era l’unico ad averlo avuto… 
...Italiani campioni di diffidenza.

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