Stavate
quasi per scamparvi il post di fine anno, ma non ho resistito.
Del
resto avete già evitato quello di Natale, non potete chiedere
troppo.
Come
ormai quasi tutti voi saprete, questo periodo coincide anche con un
anniversario importante per noi, la nostra venuta in Germania.
In
un freddo 4 Gennaio del 2014 siamo partiti da casa di mia mamma, dove
eravamo stati ospitati dopo la vendita della nostra casa, con grande
gioia della nonna che ha potuto godersi per due settimane i suoi
nipotini.
Ho
terminato il 2013 supervisionando e aiutando i traslocatori a
caricare il camion del trasloco (diventati poi 2 a causa dei libri)
con la nostra vita italiana e pregando che non nevicasse così che
non chiudessero il passo del Brennero.
Avevamo
passato il Natale senza papà Giuseppe e così è stato a Capodanno,
ma non ci importava perchè sia io che i bimbi sapevamo che da lì a
qualche giorno saremo stati finalmente tutti insieme.
Ho
cominciato l'anno in preda all'ansia che qualcosa andasse storto,
perchè avevamo tempi così stretti che il minimo contrattempo
avrebbe fatto saltare tutti i nostri piani.
Naturalmente,
i contrattempi ci sono stati e i traslocatori sono arrivati con 12
ore di ritardo a Bonn dove Peppe li aspettava, ma lui è riuscito
ugualmente a prendere l'aereo grazie al quale, finalmente, ci siamo
riuniti.
Il
4 Gennaio 2014 eravamo sulla strada per la nostra nuova vita,
finalmente tutti insieme.
Qualche
volta ripenso a quel giorno, (lo ricordo come se fosse ieri) e,
stranamente, so che non avevo paura, perchè ero convinta che tutto
sarebbe andato bene.
Non
so perchè, forse era solo superficialità , o ignoranza, o
l'entusiasmo per la fine di un periodo davvero molto difficile, ma
non temevo neppure la lingua.
Quello
che provavo era nostalgia per quella parte della nostra vita che era
finita e che non avrebbe più potuto tornare.
A
distanza di tre anni, provo ancora un po' di nostalgia e molta
tenerezza per la nostra vita passata, per le nostre italiche
avventure con le quali potrei scrivere un altro blog e anche per
l'ingenuità con cui abbiamo affrontato un cambiamento così
importante e così denso di conseguenze.
Se
questo è un momento di bilancio, il mio deve essere triennale, per
forza.
Mi
sento cambiata dalla nostra avventura germanica e non solo perchè
ora riesco a litigare in due lingue, invece che con una sola (che poi
la pronuncia tedesca sembra fatta apposta per litigare); perchè
capisco ormai (per adesso) solo la metà di quello che raccontano i
miei figli agli amichetti che vengono a trovarli e perchè comincio a
diventare intollerante nei confronti dei disservizi (che ci sono
anche qui, non preoccupatevi).
Credo,
sopratutto di aver perso certezze.
Il
contatto con così tante culture diverse, non solo quella tedesca, ma
anche quella russa, quella araba, polacca, algerina (e tante ancora
ne potrei nominare), mi fa rendere conto che nemmeno l'ora dei pasti
è qualcosa di assodato.
Questo
mi ha portato a non dare nulla per scontato, dalle cose più piccole
e banali, come il modo di salutare, a quelle più importanti.
La
conoscenza e rispetto delle differenze è diventato un punto
fondamentale dei rapporti sociali, forse perchè io stessa faccio
parte delle differenze.
In
un contesto, in cui anche offrire un caffè può essere complicato
(noi ci ostiniamo, felicemente, a bere caffè italiano), bisogna
necessariamente fare dell'umiltà e del dubbio la propria bandiera.
Per
i miei figli, invece, questo crogiuolo di popoli e lingue è solo un
dato di fatto.
Immersi in questa realtà viene loro naturale sapere almeno le parolacce in arabo (che le parolacce arabe pare rendano benissimo), i giorni della settimana in russo, i saluti in giapponese e i numeri in croato.
Immersi in questa realtà viene loro naturale sapere almeno le parolacce in arabo (che le parolacce arabe pare rendano benissimo), i giorni della settimana in russo, i saluti in giapponese e i numeri in croato.
Per
non essere da meno ho dato il via a uno scambio di ricette con
un'amica indiana che cucina benissimo e una algerina, ma non escludo
ricette polacche in un vicinissimo futuro e russe, fornite dalle
mamme di alcuni compagni di classe di Giacomo.
Tutte
queste differenze però possono anche paralizzare, dare la sensazione
di straniamento e di inadeguatezza e, alcune volte, è successo anche
a noi di fronte la difficoltà di comunicare (al di là della lingua,
che già sarebbe sufficiente).
Abbiamo
superato (e continuiamo a superare) questi momenti grazie all'umiltà
e alla fiducia in noi stessi.
So
che possono sembrare termini contraddittori, ma entrambe queste
qualità ci sono servite per comprendere i nostri limiti senza
vergognarcene, per chiedere aiuto quando ne avevamo la necessità,
cercando sempre di migliorare e di imparare.
Certo
una buona dose di pazienza e di ottimismo è indispensabile.
Così,
dopo tre anni ho davvero molto di cui essere grata.
Tommaso
continua la sua avventura ginnasiale, ormai né più e né meno dei
suoi coetanei tedeschi e Giacomo ha cominciato con successo il suo
primo anno di elementari.
Persino
Giuseppe deve ammettere che il lavoro è molto migliore rispetto a
quello che faceva in Italia. Certo continua a lamentarsi della lingua
e a coltivare il suo progetto non segreto di convincere tutti i
tedeschi (a uno a uno ) ad adottare l'Italiano come lingua ufficiale.
Il
mio lavoro (è un po' esagerato chiamarlo lavoro) prosegue piuttosto
bene e, fortunatamente per me, non sono ancora guarita da quella
malattia mentale che mi porta a ritenere il tedesco una lingua
stimolante e bella (si ho detto bella) da studiare.
Siamo
persino riusciti a comprarci un piccolo appartamento qui e a farci un
mutuo, il chè è stupefacente dal punto di vista delle nostre
conoscenze linguistiche. Così abbiamo scoperto che, almeno dal punto
di vista delle riunioni condominiali, tutto il mondo è paese.
C'è
una cosa però, che più di ogni altra mi rende grata, che da quel 4
Gennaio 2014 la nostra famiglia non ha più dovuto separarsi.
Auguro
a tutti voi bilanci assolutamente positivi e un 2017 di cui essere
molto, ma molto grati.