So che sotto Natale tutti
vorremmo sentire solo storie a lieto fine o, un bel decalogo di tutte le
tradizioni natalizie tedesche.
Naturalmente, siccome a noi piace moltissimo il
natale e pure luoghi comuni, scriveremo anche di Mercatini di Natale e dolci
tipici, ma non oggi.
Oggi vi vogliamo raccontare una storia che non riguarda la
nostra famiglia in prima persona, ma che racconta un po’ di noi tutti, di
quella parte dell’anima ferita e disperata che ogni tanto vediamo riflessa
nello sguardo di qualcun altro, quando non ne abbiamo così paura da vietarci
qualsiasi contatto.
All’A.W.O (l’associazione per
l’immigrazione dove facciamo il corso di Tedesco) un giorno di un paio di mesi
fa incontrai una signora di colore che parlava italiano con i suoi figli.
Qui
avere la lingua in comune è motivo più che sufficiente per fare quattro
chiacchere e scambiare qualche confidenza.
Siccome io sono una gran
chiacchierona (ve lo scrivo, nel caso non ve ne foste ancora accorti) mi
avvicinai.
Venni così a sapere che la signora Anna (il nome è di fantasia) era
arrivata da poco in Germania con i suoi
due bambini e in attesa del terzo, alla ricerca di un futuro migliore per sé e
per la sua famiglia.
Il suo compagno non aveva voluto seguirla perché, dopo
essere emigrato con lei 12 anni fa dall’Africa all’Italia non voleva più fare
quell’esperienza, malgrado fosse disoccupato da lungo tempo.
Lei avrebbe voluto
cercarsi un lavoro, ma non conosceva una parola di tedesco e era incinta.
Le
diedi qualche consiglio e ci salutammo.
Giovedì scorso l’ho rincontrata,
insieme al suo figlio più grande.
Purtroppo nulla è andato secondo le sue
speranze: il sussidio e gli assegni familiari tardano ad arrivare perché sono
necessari dei controlli tra i due paesi; il bambino di 7 anni che in Italia
faceva 2° elementare è stato mandato in 1°, pur sapendo già scrivere, mentre
alla bimba di 6 anni hanno fortemente consigliato di aspettare un anno prima di
iniziare la scuola.
Inoltre, non avendo Anna un’assicurazione medica tedesca, non ha
una copertura sanitaria che le dia accesso gratuito ai medici per controllare
la sua gravidanza.
Lo stato italiano, infatti, copre soltanto le emergenze
ospedaliere.
Per avere l’assicurazione però, non lavorando, dovrebbe fare
l’iscrizione all’AIRE (Albo degli Italiani Residenti all’Estero) ma perderebbe
così gli assegni di maternità italiani. Era molto sconfortata perché non aveva
trovato nessuna di quelle facilitazioni che si aspettava: molta gentilezza e
tante porte chiuse.
Stava ripensando alla sua decisione, tanto più che il suo
bambino è affetto da anemia grave e da quando sono arrivati qui non ha potuto
curarlo.
In fondo, mi diceva, un lavoro, se pure al freddo, lei in Italia ce lo
ha.
Le ho chiesto perché non fosse andata in Inghilterra visto che lei è
inglese madrelingua, ma, purtroppo, non avendo lei ancora la cittadinanza
italiana non può, perché l’Inghilterra non aderisce al trattato di Schengen.
l’Italia
rimane la sua miglior opzione, anche se è un paese che le fa paura, soprattutto
per il futuro dei suoi figli.
Ha deciso, quindi, che entro Natale tornerà, lì
darà alla luce il suo terzo figlio e, aspettando la cittadinanza, pianificherà
la prossima emigrazione, sperando di non averne bisogno.
E’ fin troppo facile emettere
giudizi su un atto certamente avventato sotto molti punti di vista per cui mi
asterrò.
Ugualmente semplice vedere le mancanze di un paese (la Germania) che
pure accoglie moltissimi immigrati l’anno e dire che gli accordi tra i paesi
membri per la libera circolazione in
Europa lasciano ancora a desiderare.
Quello che mi ha colpito di questa storia
e della sua protagonista è lo sguardo
disperato di chi, dopo essere fuggito dal proprio paese, ha scelto l’Italia con
fiducia, ha lavorato e faticato per costruirsi un futuro ed ora è costretto a
mettere tutto in gioco un’altra volta.
Sappiamo per esperienza quanto sia
difficile emigrare, anche nelle migliori condizioni, non osiamo immaginare
doverlo fare più volte.
Anche se non possiamo dimenticare tutti gli italiani in
difficoltà, oggi ad Anna, alla sua famiglia e a tutti quegli stranieri che in
Italia hanno cercato di realizzare le loro aspettative, ma i cui sogni sono
stati traditi da un paese corrotto, in cui la politica è soltanto
autoreferenziale, vogliamo augurare Grandissima Fortuna.
Pienamente d'accordo.
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