Cari amici, ben ritrovati e grazie per la pazienza.
Anche
le vacanze sono finite e noi, dopo 13 ore di viaggio in macchina,
sabato, siamo ritornati alla nostra krukkenvita (con krukkenlavatrici
aggiuntive da fare).
Abbiamo
lasciato i 39 gradi di Cesenatico per ritrovare i 20 di Bonn.
Per
dormire è certamente meglio, ma qui, come recita una canzone “...non
c'è il mare”.
A
parte qualche giorno e qualche notte di caldo esagerato, questa
vacanza è stata davvero bella, soprattutto per i bambini: oltre a
mare e piscina, l'immancabile Mirabilandia (una 20 ore in due giorni
di giostre a ripetizione), ma anche visita a Bologna in una domenica
dalle temperature sahariane, fiera medievale a San Marino con tanto
di avventura cavalleresca per i piccoli, gokart per il nostro Tommaso
che in vacanza ha compiuto 10 anni e tanto altro.
Poichè
anche le mamme (e i papà) hanno diritto alle vacanze, niente cucina
per 15 giorni (per non perdere l'abitudine solo un paio di volte): ci
siamo rimpinzati di pizza e piadine per un anno; sveglia non prima
delle 9,30 (solo chi ha figli piccoli può capire quale regalo sia
questo).
Per
il resto a disposizione dei nostri cuccioli che si sono divertiti da
pazzi: hanno persino pranzato con il gelato un paio di volte e sono
stati a mollo per ore senza limitazioni (alla faccia della leggenda
delle tre ore di attesa dopo i pasti, valide, ho saputo, solo in caso
di acqua troppo fredda rispetto alla temperatura ambientale), tutto
in libertà.
In
nome dell'integrazione hanno fatto amicizia con bambini di tutte le
etnie, ma alla fine hanno legato con un bimbo tedesco (ti pareva).
Per
un immigrato, però, le vacanze nel paese di origine non sono mai
solo vacanze, sono sempre un'esperienza emotivamente intensa noi non
ne siamo stati esenti.
In
primo luogo, capire tutto ciò che gli altri dicono, spiegarsi con
naturalezza, riconoscere le frasi fatte, gli accenti e i dialetti ha
un forte impatto emotivo. Abituarsi all'idea che anche gli altri
capiscano tutto ciò che tu dici non è immediato, il chè ci ha
esposto a un “rischio figuracce” non indifferente. All'inizio ci
è piaciuta l'immediatezza della comunicazione, ma alla lunga ci ha
dato un po' fastidio capire tutto (molte persone sono più
interessanti quando non le capisci) e, soprattutto, non avevamo
voglia di sentire i discorsi altrui, ma poiché gli italiani parlano
realmente a voce alta, non se ne è potuto fare a meno.
Ci
sono poi i supermercati, in cui si ritrovano prodotti familiari che
all'estero sono difficili da trovare (ho comprato 12 kg di pasta
dalla forma speciale perchè in Germania oltre a spaghetti,
maccheroni, fusilli, penne e farfalle, non c'è molto nei
supermercati normali).
La
doccia fredda arriva alla cassa, quando ti accorgi che, nel
complesso, si spende per la spesa quotidiana molto di più (ma vi
pare possibile che “Nutella” e “Parmigiano Reggiano” costino
più in Italia che in Germania?).
Terzo
e più importante, si cerca di capire quale atmosfera si vive in
Italia, si cerca di riprendere i contatti con la realtà del proprio
paese, al di là dei proclami politici o delle sempre parziali
notizie dei telegiornali. Noi abbiamo parlato con commercianti, con i
pochi turisti italiani che c'erano in campeggio e con la gente del
posto.
Purtroppo
ci siamo resi presto conto che le cose dalla nostra partenza non
hanno mutato rotta e che la crisi viene percepita ancora in atto,
quando non aggravata.
Tutti
ci hanno parlato di un lento,ma inesorabile, peggioramento nel corso
degli ultimi anni.
Alla
fine, come spesso ci accade da quando siamo qui, molti ci hanno
chiesto consigli per trasferirsi.
Sarà
pure che gli italiani tendono a lamentarsi sempre, ma,
effettivamente, abbiamo visto lidi piuttosto vuoti (noi abbiamo
optato per una meravigliosa spiaggia libera ancora più vuota dei
lidi), non abbiamo dovuto fare nessuna coda a Mirabilandia (vero che
ci siamo andati durante la settimana) e nei ristoranti non abbiamo
mai dovuto prenotare né aspettare. I prezzi, inoltre, erano più che
abbordabili (parliamo di pizzerie e trattorie non di ristoranti
stellati, ovviamente).
Per
noi, naturalmente, questo ha aggiunto valore alla vacanza
(soprattutto per Giuseppe, sociale come un orso del polo nord), ma
sono certa che i gestori non ne siano contenti.
Vero
anche che l'organizzazione italiana non delude mai le aspettative
(più pessimistiche). Arrivati alla pinacoteca di Bologna (apertura
alle 14.00 sotto un sole tropicale) scopriamo che un terzo delle sale
(quelle del periodo raffaelliano) sono chiuse per un problema con
l'aria condizionata. Questo non è stato segnalato nel sito e quando
abbiamo chiesto quando le avrebbero riaperte ci hanno risposto che
prima di una quindicina di giorni non se ne parlava, ma il
condizionatore in questione era rotto già da quasi un mese.....
Inevitabile,
malgrado tutto, pensare a tutte quelle possibilità non colte che
forse ci avrebbero potuto far restare in Italia e ai lati positivi:
meno difficoltà linguistiche, ma anche un sistema di valori
conosciuto e con il quale viene naturale interagire e poi, quel
sentimento totalmente irrazionale che è la nostalgia.
Però
fino a che siamo stati in Italia le vacanze non abbiamo potuto
permettercele. Questo ha fatto nascere in me e Peppe degli
inevitabili sensi di colpa, soprattutto nei confronti di Tommaso che
per otto anni non ha fatto grandi cose in estate.
Questa
vacanza (e quella dell'estate scorsa) è servita a lenirli, ma
abbiamo dovuto emigrare.
Nonostante
tutto, quindi e ancora, dobbiamo essere grati a questo paese dalla
lingua improbabile, che continua a darci la possibilità di essere i
genitori che avremmo voluto essere e che i nostri figli (come tutti i
figli) si meritano.
Buona
vita