Un'amica Blogger ed expat (http://unafamigliainbretagna.blogspot.de/) come noi, ha di recente scritto un post sulla “sensazione di non tutela da
parte dello stato italiano”.
Questa non è certo una novità
(purtroppo), ma mi ha fatto riflettere perchè, (e qui mi tocca
scrivere un altro “purtroppo”) questa sensazione ti segue anche
all'estero e spesso viene confermata (terzo purtroppo) ogni volta
che, in quanto cittadino italiano hai bisogno dello stato per un
motivo qualunque.
Anzi,
quella sensazione di “non tutela” all'estero si amplifica perchè
la lontananza funge da cassa di risonanza di ataviche e sempre
attuali paure.
In
teoria ci sono le ambasciate e i consolati, ma non possono risolvere
tutto e, per quanto lavorino egregiamente (e lo dico seriamente),
sono pur sempre un'appendice dello stato che rappresentano.
Alla
mia amica e a quanti si accingono ad espatriare voglio dunque
raccontare questa nostra avventura a monito di un facile ottimismo
(liberarsi di certa Italia non è facile) e come incoraggiamento alla
lotta.
Dovete
sapere che quanti espatriano hanno diritto ad usufruire di copertura
sanitaria, pagata dall'Italia, per sei mesi, ma (ed è un MA bello
grosso) solo in caso di emergenza.
Come
ormai sapete, la nonna Mattea è espatriata insieme a noi.
Per quanto
arzilla e vitale a 76 anni qualche acciacco ce lo ha: lei è
diabetica (fortunatamente non insulinodipendente) e ipertesa.
Noi,
previdenti, con grande fatica, eravamo riusciti a fare un po' di
scorta di medicine, per poter capire con calma come procedere per
farle ottenere la copertura sanitaria in Germania (perchè anche il
sistema tedesco è bello complicato).
Ecco a voi il riassunto della nostra impresa:
Inizio
ricerche: 1 Febbraio 2014: Facciamo richiesta ad una delle tante
assicurazioni sanitarie parastatali che esistono qui.
Senza entrare
nei particolari, così da non farvi venire il mal di testa prima di
cominciare, in Germania le assicurazioni sanitarie parastatali (per quelle private è tutta un'altra storia, che vi risparmio) vengono pagate dai lavoratori (e dai datori di lavoro) tramite la busta paga e coprono
l'intera famiglia. Siccome Mattea è pensionata e paga le tasse in
Italia l'assicurazione sanitaria tedesca per lei era gratuita (vengono
rimborsati poi dallo stato italiano), ma aveva bisogno di un
certificato che attestasse che riceve la pensione dall'Italia è che
era in carico alla “tal” Asl.
Detto così sembra semplice, ma
Primo
problema: il nome del certificato.
Eh si perchè noi italiani siamo
fantasiosi: prima si chiamava E121, ma poi gli hanno cambiato il nome
perchè, evidentemente, non piaceva e lo hanno chiamato S01. Però,
le alte sfere non si sono preoccupate di avvisare tutti gli uffici,
quindi i più tradizionalisti non sapevano dell'esistenza del S01,
mentre i più all'avanguardia avevano già dimenticato il vecchio
nome.
Morale: 10 giorni di mail a “Inps risponde” e all'Asl per
capire il nome di questo pezzo di carta che, come lo chiami lo
chiami, abbiamo scoperto essere assolutamente identico (come la famosa rosa di "Romeo e Giulietta", ma molto meno poetico).
Ci abbiamo perso 10 giorni, anche perchè
Secondo
problema: chi lo rilascia?
Già, perchè anche questo è un punto
controverso, anzi un mistero che ogni regione (per renderlo ancora
più insondabile) gestisce in modo diverso (questo l'ho
scoperto solo inseguito confrontando la mia storia con altre).
Era
intorno al 12 febbraio quando scrissi la mia seconda mail a “Inps
risponde”.
Qui vorrei aprire una parentesi: come saprete all'Inps
non conviene telefonare, quindi o, vi recate in una sede (cosa un po'
scomoda per noi) oppure dovete scrivergli.
Dovete però sapere che a "Inps risponde” non vi risponderanno impiegati Inps, ma dei burloni
pagati per complicarvi la vita e ridere delle vostre crisi di nervi,
quindi non c'è verso di avere informazioni esatte (ho tutte le mail per dimostrarlo).
Siccome questo
particolare a quel tempo mi sfuggiva, presi per buona la mail che mi
mandarono e chiamai l'Asl della nostra zona, la quale avrebbe dovuto rilasciarmi questo certificato.
Dopo la solita mezz'ora di attesa e cambio di impiegati, peggio che
in una quadriglia, mi rispose il responsabile dell'ufficio preposto, il quale,
non appena gli presentai il problema, mi sommerse di improperi e di
“Lei non sa chi sono io" e di "Ma chi le ha dato queste informazioni?”
e altro meno bello da scrivere. Alle mie timide rimostranze, mi ordinò “Lei ora fa quello che le dico io perchè
sono 30 anni che lavoro qui (ricordatevi questo particolare)......e
mi snocciola tutta una serie di documenti da produrre (tra cui un
certificato di “non residenza” di cui solo lui conosceva l'esistenza) e mi intima di mandarglieli via mail con il motivo di
richiesta del “benedetto certificato” “Perchè bisogna essere
precisi, ci sono dei bei soldi in ballo” (si, i nostri). Tutto ciò
però non bastava perchè l'Asl compila solo una parte del modulo,
mica tutto, l'altra parte la deve compilare l'ufficio Inps che versa
la pensione.
Io
ve l'ho fatta breve, ma ci abbiamo messo una settimana.
A
questo si è aggiunto per noi un 3° problema: avevamo traslocato da
Torino soltanto da 10 anni, quindi, pur avendo mandato tutti
i documenti, l'Inps di appartenenza era ancora in provincia di Torino.
Questo, però, ci
ha portato via solo tre giorni di ricerche telefoniche.
A questo punto cerco e trovo l'indirizzo mail dell'ufficio Inps di appartenenza (perchè il numero di telefono, che pure c'è, ti rimanda ad un numero verde a cui rispondono i cugini di quelli che rispondono alle mail).
Mando quindi una mail che sembrava un romanzo di Tolstoj
al direttore del suddetto ufficio Inps spiegando, allegando ecc.
Dopo soli due giorni di attesa, mi arriva una risposta con un numero privato da chiamare per “fornire
ulteriori chiarimenti”.
Fornisco ulteriori chiarimenti, alla fine
ottengo di avere “Il modulo E121 o S01, vediamo che cosa
abbiamo,tanto sono uguali”(qui c'era la terza fazione: i possibilisti) compilato
per metà.
Perfetto...
fino ad un certo punto.
Mio papà perde una giornata di lavoro per
andare a ritirare il Modulo dall'Inps
e portarlo all'Asl, dove però
non potevano compilarlo subito (1 timbro e 1 firma, giuro).
Ci
fanno aspettare una settimana; mio papà va a ritirarlo appena pronto e me
lo spedisce.
Eravamo
a metà marzo, le medicine quasi agli sgoccioli, la nostra salute
mentale anche, ma ce l'avevamo fatta....
Così credevamo.
Alla
prossima puntata per il gran finale
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