Buon Natale

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Tommaso e Giacomo sui maialini, simbolo del nostro quartiere.

giovedì 19 marzo 2015

"Mattea nel paese della sanità" (ovvero "La compagnia della tessera sanitaria")


Un'amica Blogger ed expat (http://unafamigliainbretagna.blogspot.de/) come noi, ha di recente scritto un post sulla “sensazione di non tutela da parte dello stato italiano”. 
Questa non è certo una novità (purtroppo), ma mi ha fatto riflettere perchè, (e qui mi tocca scrivere un altro “purtroppo”) questa sensazione ti segue anche all'estero e spesso viene confermata (terzo purtroppo) ogni volta che, in quanto cittadino italiano hai bisogno dello stato per un motivo qualunque.
Anzi, quella sensazione di “non tutela” all'estero si amplifica perchè la lontananza funge da cassa di risonanza di ataviche e sempre attuali paure.
In teoria ci sono le ambasciate e i consolati, ma non possono risolvere tutto e, per quanto lavorino egregiamente (e lo dico seriamente), sono pur sempre un'appendice dello stato che rappresentano.

Alla mia amica e a quanti si accingono ad espatriare voglio dunque raccontare questa nostra avventura a monito di un facile ottimismo (liberarsi di certa Italia non è facile) e come incoraggiamento alla lotta.

Dovete sapere che quanti espatriano hanno diritto ad usufruire di copertura sanitaria, pagata dall'Italia, per sei mesi, ma (ed è un MA bello grosso) solo in caso di emergenza.

Come ormai sapete, la nonna Mattea è espatriata insieme a noi. 
Per quanto arzilla e vitale a 76 anni qualche acciacco ce lo ha: lei è diabetica (fortunatamente non insulinodipendente) e ipertesa. 
Noi, previdenti, con grande fatica, eravamo riusciti a fare un po' di scorta di medicine, per poter capire con calma come procedere per farle ottenere la copertura sanitaria in Germania (perchè anche il sistema tedesco è bello complicato). 

Ecco a voi il riassunto della nostra impresa:

Inizio ricerche: 1 Febbraio 2014: Facciamo richiesta ad una delle tante assicurazioni sanitarie parastatali che esistono qui. 
Senza entrare nei particolari, così da non farvi venire il mal di testa prima di cominciare, in Germania le assicurazioni sanitarie parastatali (per quelle private è tutta un'altra storia, che vi risparmio) vengono pagate dai lavoratori (e dai datori di lavoro) tramite la busta paga e coprono l'intera famiglia. Siccome Mattea è pensionata e paga le tasse in Italia l'assicurazione sanitaria tedesca per lei era gratuita (vengono rimborsati poi dallo stato italiano), ma aveva bisogno di un certificato che attestasse che riceve la pensione dall'Italia è che era in carico alla “tal” Asl. 

Detto così sembra semplice, ma

Primo problema: il nome del certificato. 
Eh si perchè noi italiani siamo fantasiosi: prima si chiamava E121, ma poi gli hanno cambiato il nome perchè, evidentemente, non piaceva e lo hanno chiamato S01. Però, le alte sfere non si sono preoccupate di avvisare tutti gli uffici, quindi i più tradizionalisti non sapevano dell'esistenza del S01, mentre i più all'avanguardia avevano già dimenticato il vecchio nome. 
Morale: 10 giorni di mail a “Inps risponde” e all'Asl per capire il nome di questo pezzo di carta che, come lo chiami lo chiami, abbiamo scoperto essere assolutamente identico (come la famosa rosa di "Romeo e Giulietta", ma molto meno poetico). 
Ci abbiamo perso 10 giorni, anche perchè

Secondo problema: chi lo rilascia? 
Già, perchè anche questo è un punto controverso, anzi un mistero che ogni regione (per renderlo ancora più insondabile) gestisce in modo diverso (questo l'ho scoperto solo inseguito confrontando la mia storia con altre). 
Era intorno al 12 febbraio quando scrissi la mia seconda mail a “Inps risponde”.  
Qui vorrei aprire una parentesi: come saprete all'Inps non conviene telefonare, quindi o, vi recate in una sede (cosa un po' scomoda per noi) oppure dovete scrivergli. 
Dovete però sapere che a "Inps risponde” non vi risponderanno impiegati Inps, ma dei burloni pagati per complicarvi la vita e ridere delle vostre crisi di nervi, quindi non c'è verso di avere informazioni esatte (ho tutte le mail per dimostrarlo).
Siccome questo particolare a quel tempo mi sfuggiva, presi per buona la mail che mi mandarono e chiamai l'Asl della nostra zona, la quale avrebbe dovuto rilasciarmi questo certificato. 
Dopo la solita mezz'ora di attesa e cambio di impiegati, peggio che in una quadriglia, mi rispose il responsabile dell'ufficio preposto, il quale, non appena gli presentai il problema, mi sommerse di improperi e di “Lei non sa chi sono io" e di "Ma chi le ha dato queste informazioni?” e altro meno bello da scrivere. Alle mie timide rimostranze, mi ordinò “Lei ora fa quello che le dico io perchè sono 30 anni che lavoro qui (ricordatevi questo particolare)......e mi snocciola tutta una serie di documenti da produrre (tra cui un certificato di “non residenza” di cui solo lui conosceva l'esistenza) e mi intima di mandarglieli via mail con il motivo di richiesta del “benedetto certificato” “Perchè bisogna essere precisi, ci sono dei bei soldi in ballo” (si, i nostri). Tutto ciò però non bastava perchè l'Asl compila solo una parte del modulo, mica tutto, l'altra parte la deve compilare l'ufficio Inps che versa la pensione.

Io ve l'ho fatta breve, ma ci abbiamo messo una settimana.

A questo si è aggiunto per noi un 3° problema: avevamo traslocato da Torino soltanto da 10 anni, quindi, pur avendo mandato tutti i documenti, l'Inps di appartenenza era ancora in provincia di Torino.
Questo, però, ci ha portato via solo tre giorni di ricerche telefoniche.

A questo punto cerco e trovo l'indirizzo mail dell'ufficio Inps di appartenenza (perchè il numero di telefono, che pure c'è, ti rimanda ad un numero verde a cui rispondono i cugini di quelli che rispondono alle mail). 
Mando quindi una mail che sembrava un romanzo di Tolstoj al direttore  del suddetto ufficio Inps spiegando, allegando ecc. 
Dopo soli due giorni di attesa, mi arriva una risposta con un numero privato da chiamare per “fornire ulteriori chiarimenti”. 
Fornisco ulteriori chiarimenti, alla fine ottengo di avere “Il modulo E121 o S01, vediamo che cosa abbiamo,tanto sono uguali”(qui c'era la terza fazione: i possibilisti) compilato per metà.
Perfetto... fino ad un certo punto. 
Mio papà perde una giornata di lavoro per andare a ritirare il Modulo dall'Inps
e portarlo all'Asl, dove però non potevano compilarlo subito (1 timbro e 1 firma, giuro). 
Ci fanno aspettare una settimana; mio papà va a ritirarlo appena pronto e me lo spedisce.


Eravamo a metà marzo, le medicine quasi agli sgoccioli, la nostra salute mentale anche, ma ce l'avevamo fatta....

Così credevamo. 

Alla prossima puntata per il gran finale



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