Ci
sono parole tedesche che sono meravigliose e intraducibili in
italiano: “Heimat” è una di queste, insieme a molte altre che
forse un giorno raccoglierò in un altro post.
Ho
incontrato questa parola molto tempo fa e per molto tempo l'ho
tradotta superficialmente con “Patria”. Questo significato è, in
realtà, sbagliato, anche se qualche vocabolario da questa
traduzione.
Tommaso,
il nostro referente per “il sentimento della lingua” da di Heimat
questa definizione che io trovo eccezionale nella sua semplicità:
“il
posto in cui ci si sente a casa”.
Normalmente
è il luogo in cui sei nato e sei cresciuto, di cui condividi le
tradizioni e in cui ti senti a tuo agio.
In
tedesco però si può dire anche, ad esempio per chi come me adora la
letteratura che “la letteratura è la mia Heimat”.
![]() |
La "Mole Antonelliana" fotografata dal Peppe |
“Dov'è
il posto in cui mi sento davvero a casa?”.
Torino,
la mia Torino, la città in cui ho passato la mia adolescenza e la
mia giovinezza in effetti non l'ho più riconosciuta; certo gli
edifici meravigliosi sono sempre lì, “Palazzo Reale”, “Via
Garibaldi”, così come l'Università che ho frequentato per tanti
anni (e che di meraviglioso non ha davvero niente), ma io non sentivo
più la mia città.
Mi
sono chiesta se fossi io ad essermi disabituata al traffico intenso
della citta, alla gente che non rispetta i semafori, figurarsi le
strisce pedonali, allo smog e a tutti quei piccoli atti di inciviltà
che, forse, c'erano anche prima, ma che non notavo.
Poi,
all'improvviso, ritrovavo, in mezzo ai nuovi negozi, un'insegna
famigliare, o una piazza nella quale avevo passato le mie nottate da
studente o, ancora, un vecchio drago di legno sul quale mi ero
arrampicata da bambina e sul quale si stavano arrampicando ora i miei
figli.
Allora per un momento il tempo si fermava e mi assaliva la nostalgia di casa, mi accorgevo di quanto mi erano mancate quelle strade, quegli odori, quei sapori che per me sono stati casa. Era un attimo però, perchè subito dopo la vita ritornava a scorrere normalmente e io venivo riportata alla dura realtà.
Allora per un momento il tempo si fermava e mi assaliva la nostalgia di casa, mi accorgevo di quanto mi erano mancate quelle strade, quegli odori, quei sapori che per me sono stati casa. Era un attimo però, perchè subito dopo la vita ritornava a scorrere normalmente e io venivo riportata alla dura realtà.
La
realtà è che dopo 5 anni lontana, io sono cambiata ed è cambiata
anche Torino, ma io non ero lì per lei e lei non era lì per me ed
ora sembravamo due ex fidanzati che hanno qualche ricordo in comune,
ma le cui storie si sono allontanate sempre di più.
![]() |
Interno della cupola del Guarini restaurata (Duomo di Torino) |
Allora, malgrado la bellezza mozza fiato di questa cittò, gioia infinita di incontrare di nuovo gli amici, quelli che sono rimasti e che continuano, pur tra mille difficoltà, a condividere il mio percorso, malgrado i miei genitori e miei parenti, dopo una settimana passata da turisti in quella che è stata la mia città, ho avuto voglia di tornare a “casa”.
![]() |
Basilica di Superga in giornata uggiosa |
Sì,
perchè è innegabile che Bonn è la nostra casa ora, ma è davvero
la nostra Heimat? E' l'Heimat dei nostri figli, che qui si stanno
costruendo i loro ricordi, ma possiamo io e Giuseppe davvero sentirci
a casa in un posto dove comunicare è ancora difficile?
Non
è solo una questione di lingua, ma anche di “forma mentis” e di
tradizioni.
Ieri
ho partecipato all'Elterncafè (il caffè dei genitori) organizzato
dalla classe di Giacomo prima del “Martinzug”, la sfilata di S.
Martino che ogni anno viene organizzata dai vari quartieri di Bonn.
Per saperne di più vi linko un vecchio post su questa bella usanza.
Durante questa riunione, me ne stavo seduta insieme ad altre mamme
che si raccontavano di quando ci partecipavano loro al Martinzug e di
quanto erano contente da bambine di costruire le lanterne e di cibi e
decorazioni tradizionali di cui io non ho mai sentito parlare.
Capivo
ogni cosa che veniva detta e, tuttavia, mi sentivo straniera come il
primo giorno che sono arrivata.
Loro
hanno trovato davvero molto affascinante, quasi esotico, il fatto che
la sera noi mangiamo tutti insieme e, addirittura cuciniamo, così
come io continuo, dopo quasi 5 anni, a trovare strano che loro
facciano fare cena ai loro figli alle
cinque o alle sei del pomeriggio davanti alla tv da soli.
Inoltre,
noi continuiamo a mangiare il panettone a Natale, ma ora mangiamo
anche lo Stollen e festeggiamo la Befana, invece di S. Nicola, ma
abbiamo cominciato ad appendere le stelle di Natale luminose alla
finestra durante l'avvento.
Forse è il destino di ogni immigrato perdere un po' di quell'identità legata alle proprie radici per fare spazio a nuove tradizioni che, forse non sentiremo mai nostre davvero, ma che non per questo saranno meno arricchenti.
E
mentre me ne sto qua a riflettere e a scrivere arriva Giacomo e mi
dice:
“
Per me è uguale (traduzione
letterale dal tedesco). Heimat è dove siete tu papà, la nonna e,
qualche volta, anche Tommaso”, perchè il bello è stare tutti
insieme”.
Che
cosa si può aggiungere?
Buona
Vita a tutti voi e al bambino che ognuno ha dentro di sé.