Mi è
venuto in mente, leggendo qualche vostro commento, che non vi ho mai
raccontato le nostre avventure iniziali qui in Germania, né come
abbiamo vissuto quei primi mesi.
Sono
passati quasi 4 anni da allora, ma il ricordo di quelle emozioni
resta indelebile nella mia memoria, come tutti i traumi. In generale,
ma questo lo sapete già, c'era la felicità di esserci riuniti,
anche se io e Giuseppe abbiamo avuto bisogno di po' di tempo per
riabituarci l'uno all'altra.
Dopo sei
mesi passati a gestire da sola tutta la famiglia io mal sopportavo
quella che sentivo come un' ingerenza negli “affari miei”, mentre
lui ha dovuto riprendere confidenza con i ritmi di una famiglia, che
non ti lascia riposare dopo lo stress del lavoro.
In quel
momento, oltretutto, di stress al lavoro ne aveva parecchio, perchè
un conto e frequentare il corso di tedesco, un conto è dover parlare
tedesco per 8 ore al giorno con colleghi , superiori e parenti dei
malati, che non possono rispettare sempre i tuoi tempi e che, spesso,
giudicano le tue capacità lavorative dal livello delle tue
conoscenze linguistiche.
La
tensione, però, l'ansia e lo stress in generale non erano limitati
all'ambiente lavorativo del Peppe: ogni cosa era per noi una novità,
non solo non conoscevamo la lingua (chè già sarebbe bastato), ma
non conoscevamo neppure il sistema.
Ci
sembrava di camminare sulle uova, con il timore di fare errori
irreparabili ad ogni passo.
Ovviamente
di errori ne abbiamo fatti tantissimi, ma, fortunatamente nessuno
irreparabile.
Io non
avevo idea di cosa si aspettassero gli altri da me e questo mi
metteva un'ansia terribile.
Per
fortuna, Giuseppe, essendo qui da più tempo di me e non essendo una
persona ansiosa, cercava di tranquillizzarmi e di spiegarmi che i
tedeschi non erano poi così fiscali, Sfortunatamente per me, io non
riuscivo a credergli e quindi mi agitavo anche per delle cavolate.
Un
esempio per tutti. La maestra di Tommaso ci consegnò una lettera in
cui ci davano varie informazioni e che concludeva con la richiesta di
genitori che potessero andare ad aiutare i bimbi stranieri (tra cui
il mio) a imparare il tedesco.
Io mi
sentii chiamata in causa e in dovere di andare a scusarmi con
l'insegnante, chiarendo (perchè pensavo che ce fosse bisogno) che il
mio tedesco non mi permetteva di prendere parte all'iniziativa.
Giuseppe cercò di spiegarmi che non era sicuramente indirizzato a
noi quell'invito, ma io avevo paura che se non avessi risposto la
maestra avrebbe pensato che non mi interessavo di mio figlio. Morale:
ci misi un'ora e mezza a studiare le due frasi che avrei dovuto dire
alla maestra, il giorno dopo gliele recitai, modello bambino con la
poesia di Natale, lei mi guardò con un misto di stupore e
compassione e mi rispose di non preoccuparmi, che no, l'invito era
per i madrelingua tedeschi.
Ovviamente
di queste figure e malintesi, come quando riempii la busta per il
lancio delle caramelle a Carnevale con caramelle morbide non
incartate e pezzi di carota (vi lascio immaginare il pastrocchio
finale) ne feci moltissime, dettate più dall'ansia che dalla
scarsità di mezzi linguistici.
Tremavo
ogni volta che suonava il campanello, passavo le giornate (ancora
oggi in verità) a tradurre le lettere che arrivavano e le telefonate
erano un incubo.
Per mesi
ci siamo recati dai medici per prendere gli appuntamenti perchè io
non capivo gli orari e i giorni al telefono.
Per me
poi, che padroneggiavo la mia lingua e ne conoscevo i segreti, non
riuscire a comunicare era terribile, ma era la nostra quotidianità,
tra inadeguatezza, rabbia, ma anche curiosità e ottimismo.
Sono
state tre, però, le volte in cui, davvero, la mancanza di strumenti
linguistici e il non conoscere il sistema ci ha veramente
spaventato... Seguitemi nel prossimo post per conoscere “i traumi
che mi ha regalato la Germania”.
Nel
frattempo, Buoni inizi e Buona Vita a tutti