Buon Natale

Buon Natale
Tommaso e Giacomo sui maialini, simbolo del nostro quartiere.

mercoledì 21 ottobre 2015

Autunno di caramelle


il bosco che attraverso ogni giorno per portare Giacomo all'asilo
                             
Non potevo dire no al reclutamento della mia amica blogger Lara Gullen di Intantointedeschia.
Lara, taggata a sua volta da Unaromanainamerica ha pensato di reinviare il tag ad altre amiche per far loro raccontare il loro autunno.
Siamo tutte sparse per il mondo e sembra davvero un'idea carina dare ai nostri lettori una panoramica di come viviamo questa stagione nei nostri paesi d'adozione.
Reclutata con entusiasmo!
Qui a Bonn, l'autunno ha un sapore e una tradizione tutta sua, che tutti aspettano con ansia.
Mi perdonerà, quindi, Lara se il mio post non parlerà di alberi che infiammano le loro chiome, di foglie dorate al crepuscolo, ma di castagne che si trasformano in caramelle.


Autunno nella via dove abito



 Se veniste a fare una passeggiata a Bonn in questo periodo, infatti, sia in città, sia nei boschi disseminati in ogni quartiere, o nel bellissimo parco di Rheinaue(lungo il Reno appunto), non trovereste nemmeno una castagna per terra. 
Tutti fanno delle vere e proprie spedizioni alla ricerca di castagne.
Nulla ci sarebbe di strano, se non che le castagne in questione sono assolutamente selvatiche.
Nonostante questo, bambini, anziani, famiglie intere, si armano di zaini, trolley, buste giganti ecc, e via a scovare e raccogliere castagne selvatiche.
Qualcuno arriva persino a discutere per il possesso di una castagna selvatica.
Penserete che i tedeschi (e non solo) qui a Bonn sono pazzi. Non siete andati lontano dalla verità, ma in questo caso c'è un buon (anzi buonissimo) motivo: un giorno l'anno le castagne vengono trasformate in pacchi di caramelle Haribo.

Per quanti di voi non lo sapessero la Haribo è originaria proprio della nostra città e il suo fondatore Hans Riegel era così legato a Bonn da includerne le iniziali nel nome dell'azienda, accanto alle proprie.
La famiglia Riegel ha trasformato in parco pubblico la propria riserva di caccia situata in un bosco (vedi i nostri vicini di casa) dove sono ospitati cervi, renne e cinghiali, ma del mantenimento degli animali, insieme a tutti i bambini che fanno loro visita, si occupa ancora oggi la Haribo.

Ogni Novembre, in un giorno da destinarsi, presso i magazzini di Bad-Godesberg vengono scambiati dieci chili di castagne selvatiche (o cinque di ghiande) con un chilo di caramelle.

L'idea, che si deve ancora al fondatore, è nata nel 1936 ed ancora oggi sono moltissime (si calcola più di 20.000) le persone che, ogni anno, si mettono ordinatamente in fila (per ore) in attesa che le loro castagne vengano trasformate in caramelle.

La fila è lunghissima e molti arrivano con tantissimi kg di castagne trasportati, addirittura, su pallet e movimentati da muletti. (i tedeschi quando fanno una cosa, la fanno sul serio). Il successo è tale che la Haribo ha dovuto mettere un limite alle quantità di castagne che si possono scambiare, 50 kg a persona, ma spesso una famiglia di 4 persone può portare fino a 200kg di castagne.

Anche noi abbiamo raccolto i nostri 10 kg di castagne l'anno scorso, ma la fila ci ha fatto desistere subito, perchè tre ore della mia vita valgono più di un kg di caramelle, ma trovo davvero deliziosa e utile quest'idea: riciclo, minori costi per comprare il mangime per gli animali e minori costi per pulire la città dalle castagne selvatiche, tutto condito da una festosa tradizione che regala anche un notevole ritorno di immagine.


A volte basta una caramella

sabato 10 ottobre 2015

Pomeriggio al museo


Come scritto nell'ultimo post (Public Relations), lunedì scorso sono ufficialmente cominciate le Herbstferien (ferie d'autunno), due settimane di vacanze nel cuore dell'autunno, per ricaricare le batterie. 
Avere anche Giuseppe in vacanza ci ha permesso di fare un po' i turisti qui a Bonn e di organizzare persino una gita di tre giorni ad Amsterdam (domani si parte).
Del resto, dobbiamo ancora utilizzare tutti i buoni (Gutscheine) che ci ha regalato il Comune, quando siamo andati ad iscrivere la nostra residenza.
I municipi qui a Bonn (non so se è così anche in altre città), per favorire la conoscenza della città e, di conseguenza, l'integrazione, regalano a tutti i nuovi cittadini un pacchetto di buoni che comprende un'entrata gratuita a testa in ogni museo della città, un concerto della filarmonica cittadina ed altri sconti per varie attività culturali.

Non male come benvenuto.

Noi, causa impegni vari, non abbiamo ancora finito i nostri.
Questo mercoledì abbiamo colto l'occasione per visitare il “Landesmuseum”, il museo della regione.
Come dice il nome è un museo che racconta la storia del Nord-Reno- Westfalia, dalla preistoria ai giorni nostri.
Il museo è piuttosto grande, con una parte dedicata a esposizioni fisse ed una dedicata a mostre temporanee: noi siamo stati fortunati e abbiamo visto la mostra temporanea sullo sviluppo della civiltà celtica nel N.R.W.

Malgrado siamo qui da ormai più di un anno e mezzo, non smettiamo mai di stupirci della gentilezza dei custodi.
Già alla casa di Beethoven il custode si era offerto di badare a Giacomo mentre noi facevamo la visita e poi si è messo a giocare a nascondino con il nostro allora treenne.
Non contento, saputo che eravamo italiani, ci diede una lezione di grammatica tedesca e finì con l'elenco di tutte le parole italiane che conosceva.
Un vero spasso.

I bambini sono trattati sempre come un tesoro nazionale, non pagano quasi mai e anche quando sono irrequieti, o corrono, o tentano di arrampicarsi su una statua dell'antica Roma (come Giacomo) si avvicinano con gentilezza e, a bassa voce, ti dicono, quasi scusandosi, che il bambino non “potrebbe”.....fare il selvaggio dentro il museo (aggiungo io).

Ad essere diverso, però, è lo stesso concetto di “museo”.
Il museo non è un “luogo sacro”, in cui entrare in religioso silenzio e guardare.
Tutti i musei tedeschi che abbiamo visitato sono molto interattivi, soprattutto quelli a carattere “scientifico”, o storico: si può entrare dentro un igloo, ad esempio, ma anche smontarlo (o ricostruirlo), si possono toccare le pelli di vari animali, fare osservazioni con il microscopio e tanto altro.
In particolare, nel Landesmuseum si può sperimentare la forza che ci vuole ad arare un campo con un aratro di legno tirato da un bue, o provare a limare una pietra su un altra per creare la punta di un'ascia primitiva. 
Come se non bastasse, ci sono molte stanze a tema, in cui i bambini possono giocare: 
in quella “antica Roma”, ci si può vestire da antico romano, montare e smontare un tempio, fare un pisolino su un letto dell'epoca e “mangiare come gli antichi romani”; 
in quella “civiltà primitive si può giocare con i dinosauri, vestirsi come gli uomini primitivi, provare un telaio a mano e, cosa preferita dai miei piccoli vichinghi, navigare in una barca ricavata da un tronco;


in un'altra c'è una grande tenda  fatta di pellame con persino un fuoco (finto).
Per non parlare dell'angolo biblioteca con tanti libri da leggere e con cui giocare.




Questo spiega perchè molti genitori vanno volentieri nei musei a passare qualche ora con i loro figli nelle giornate di pioggia, un po' come un parco giochi al chiuso in cui, magari, si impara anche qualcosa.
Durante le vacanze il Landesmuseum, ma anche altri, organizzano, persino, simpatici corsi di un giorno (impariamo a fare gli archeologi, ad esempio).

Oggi niente polemiche, quindi mi limito a dire che il museo come un luogo da vivere è un idea che mi piace un sacco.


Buona vita a tutti.

sabato 3 ottobre 2015

Public Relations

Finalmente sono cominciate le Herbstferien, due settimane di vacanze e relax nel cuore dell'autunno. 
                                       foto del parco di Rheinaue a Bonn

Dopo il difficoltoso inizio del Gymnasium (il 13 agosto) di Tommaso ( e di tutti i bambini che conosciamo) ne avevamo davvero bisogno. Naturalmente, visto che anche Giuseppe è in vacanza non poteva non essere malato, ma questa è un'altra storia.
Ieri però, proprio l'ultimo giorno di scuola, l'immancabile pomeriggio “conosciamoci meglio” organizzato dai genitori della classe di Tommaso. Giuseppe, come al solito, avrebbe preferito andare dal dentista, piuttosto che sorbirsi “un'inutile pomeriggio di pubbliche relazioni, con persone che non mi interessano e che parlano tedesco”.
Io, però, ho insistito, perchè Tommaso avrebbe avuto l'occasione di conoscere i suoi compagni al di fuori dell'ambiente scolastico, e noi di conoscere gli altri genitori e farci conoscere, tutto questo a favore di una maggiore e più serena integrazione di Tommaso.
Così, dopo essermi sorbita le recriminazioni dell'Orso Gneppo, con ovvia discussione al seguito, abbiamo incartato la nostra pizza Margherita fatta in casa (che è un luogo comune ma anche la chiave per aprire qualunque cuore) e, in un bel pomeriggio di sole, ci siamo avviati al centro giovanile prenotato per l'incontro. 
Quando siamo arrivati l'accoglienza è stata freddissima, in particolare una mamma ci ha appena fatto un cenno di saluto.
Ho pensato che, per una volta, Giuseppe avesse ragione.
Per fortuna Tommaso e Giacomo si sono subito messi a giocare.
Mentre maledicevo la mia testardaggine, Giuseppe ha messo la pizza sul tavolo del buffet ed è successo l'inaspettato (il miracolo della pizza Margherita): la mamma che ci aveva accolto con sufficienza, comincia a lodare la bellezza della nostra pietanza...in italiano. 
Io sapevo che era la mamma di un bambino italo-tedesco, ma avendo lui un cognome italiano, abbiamo pensato che fosse il papà ad essere originario del bel paese. 
Per questo motivo le avevo sempre parlato in tedesco. 
Quando le ho detto che parlava molto bene italiano lei, invece, mi ha risposto di essere nata in Germania, ma di essere di origine italiana.
Abbiamo così scoperto che le nostre mamme vengono dallo stesso paese della Calabria...
E io che le avevo sempre parlato in tedesco...(facendo anche uno sforzo notevole).
Una volta rotto il ghiaccio, mi ha confessato di essersi sentita offesa dal fatto che io non le parlassi in italiano, come se non la ritenessi all'altezza. Figurarsi, proprio non avevo capito che fosse italiana e il mio era stato un gesto di riguardo; di solito quando diciamo che siamo italiani tutti (ma proprio tutti) dicono tre parole della nostra lingua, noi partiamo in quarta a parlare italiano e loro restano imbambolati, non sapendo che cosa rispondere.
Per fortuna è successo anche a lei, così ci siamo fatte due risate e abbiamo passato il resto del pomeriggio a parlare in italo-tedesco di tutto. 
Abbiamo scoperto anche che i nostri figli sono agitati nello stesso modo, disordinati e disattenti con la testa tra le nuvole proprio come gemelli separati alla nascita (se non fosse che suo figlio è più alto di Tommaso di 30 cm e pesa almeno 15 Kg in più).
Alla fine del pomeriggio questo bambino, che ha sempre avuto un rapporto conflittuale con Tommaso, è arrivato e mi ha chiesto se Tommaso poteva andare a giocare a casa sua.

Missione compiuta... Persino il Peppe ha ammesso che avevo ragione.

In Germania i rapporti interpersonali sono più mediati, bisogna sempre incontrarsi i luoghi neutrali e solo dopo vari incontri si possono cominciare ad avere rapporti più personali (in caffè insieme, una cena....ecc).
Per questo le giornate “conosciamoci meglio”, che per noi italiani sono inutili e guardate con superiorità, qui diventano uno strumento prezioso di conoscenza e integrazione.
Ancora una volta dobbiamo ribadire che non è solo la lingua a creare ostacoli nella gestione dei rapporti interpersonali, ma anche usi e costumi diversi dai nostri, nei confronti dei quali conviene sempre tenere un atteggiamento aperto, per non precludersi delle possibilità.


Altra cosa....la pizza qui ha effetti miracolosa

Buone pubbliche relazioni a tutti.



domenica 27 settembre 2015

L'Italia delle Miss


Ho riflettuto a lungo prima di scrivere questo post e, ancora di più, prima di pubblicarlo. Mi sono detta che non era un argomento importante, (visto gli scandali e le emergenze in corso) e anche che, da emigrata non mi riguardava più ( se mai mi avesse riguardata prima). Però, più mi ripetevo queste cose e più mi saliva una rabbia irrefrenabile, più cercavo altri argomenti, più la mia mente tornava a questo episodio futile e mondano: l'elezione di Miss Italia.
Poi ho capito che questo non era un episodio qualsiasi e che le mia rabbia era dovuta al fatto che in questa elezione posso ritrovare tutti i motivi per cui ho dovuto lasciare il paese e la cultura che amo.

Per tutti coloro che non sono a conoscenza della vicenda ecco un breve riassunto: all'incirca una settimana fa, si è svolto il celeberrimo concorso di “Miss Italia”.
Io non l'ho mai visto neppure quando in Italia ci stavo, quindi non ne ero a conoscenza e non ne sentivo la mancanza, ma, subito dopo la finale, è cominciata a rimbalzare sul web la figuraccia della neoeletta che, alla domanda “In quale altra epoca vi sarebbe piaciuto vivere?” ha risposto (cito testualmente): “Nel '42 (1942).....per vedere realmente la seconda guerra mondiale, visto che i libri parlano pagine e pagine, la volevo vivere, tanto so' donna quindi il militare non l'avrei fatto e me ne sarei stata a casa...”

Questa gaffe (per non parlare delle altre fatte nel tentativo di rimediare) è talmente grande che si fatica a giudicarla: dall'italiano approssimativo (a meno che la fortunata ragazza non possegga libri magici che, non solo parlano, ma anche “pagine e pagine”) alla completa ignoranza della guerra, con buona pace di tutte le donne (e molte) che, invece, in quella guerra e per quella guerra sono morte; alla superficialità con cui viene a giudicare una tale atrocità, considerata invece alla stregua di avventura.
Tutto ciò, detto in un momento in cui i profughi siriani bussano alle nostre porte con tutto il carico della loro disperazione, a poche settimane dalla foto del bimbo (e non un soldato) trovato senza vita su una spiaggia turca, nel tentativo di fuggire dal conflitto che affligge il suo paese.

Però, questa diciottenne, che non stupisce confonda semplicità con superficialità ed ignoranza, è fresca di studi, diplomata in Biotecnologie Sanitarie e con aspirazioni universitarie: insomma una ragazza che ha avuto la possibilità di studiare.

Io, ovviamente, non ce l'ho con lei in nessun modo (forse sarebbe più semplice), perchè lei non è che un prodotto della società italiana, talmente rappresentativo da essere stata, malgrado la figuraccia, eletta.

Se questo è il risultato (o il sintomo, come ha scritto qualche giornalista), allora è il risultato di un fallimento.
Il fallimento, in primo luogo, della scuola, che ha mancato il suo obiettivo principale, creare coscienza, creare senso critico e capacità di giudizio. Più importante, il fallimento di tutta la società a cui in fondo stanno bene le coscienze addormentate, più ferrate in programmi televisivi che in storia, in cui i Cetto Laqualunque non sono solo parodia.

Qualcuno l'ha giustificata, dicendo che è giovane, io la giustifico meno per questo.
I giovani hanno il dovere di informarsi e di arrabbiarsi per tutto ciò che erediteranno e di cui non sono responsabili.
Spettano ai giovani le barricate, più che le passerelle.
Questa giovane vota e tutti i giovani come lei.
Qualcuno sostiene che era un concorso di bellezza e non uno di intelligenza. Questo è certo, ma dov'è il limite minimo di decoro da rispettare? Se non bisogna giudicare il loro intelletto, non fatele parlare, per favore.

Sono certa che questa signorina, a cui va tutta la mia tenerezza, non rappresenti l'intera gioventù italiana e so con certezza che moltissimi suoi coetanei sono dotati di un raffinatissimo senso critico e che si stanno battendo contro le ingiustizie della società.
Però, tutte le persone che ci fanno sentire orgogliosi di essere italiani, tutti coloro che, malgrado la società, riescono a realizzare i loro sogni, vengono ricompensate con il silenzio da parte dei media. 

Perdonatemi un'ultima costatazione, un accostamento azzardato e stridente: proprio nei giorni in cui si premia la gaffe, a mio avviso colpevole, della Miss ( di cui non ho, volutamente, scritto il nome poiché io mi scaglio contro il simbolo, assolutamente non contro la persona) si svolge il processo contro Erri De Luca, colpevole, secondo il P.M che ha chiesto per lui 8 mesi di carcere, di “istigazione a delinquere”, poiché lo scrittore ha sostenuto che era necessario sabotare la Tav.


Traete voi le vostre conclusioni, al di là del contenuto delle affermazioni (sia dell'uno che dell'altra), io le mie le ho tratte da tempo e mi hanno portato in un paese straniero, dove ho la possibilità di non essere smentita platealmente dai fatti, quando cerco di insegnare ai miei figli che la cultura è importante, che studiare è fondamentale per diventare persone consapevoli e che la consapevolezza è l'unica arma per combattere le ingiustizie.

A tutti i genitori in Italia va la mia solidarietà, ma oggi il mio augurio va ai giovani

domenica 20 settembre 2015

Il cancellino della discordia


(Istruzioni d'uso: per capire questo post bisogna leggere il precedente: “Ilcancellino”)


             Traduzione: "dammi, per favore, un cancellino" , o meglio  "meinen Tintenkiller": il mio cancellino

Voi vi sareste mai aspettati che il martedì mattina di due settimane fa (quando ormai ritenevamo chiusa la questione), il padre di questo bambino bloccasse Tommaso davanti alla scuola e gli intimasse con voce minacciosa di restituire al suo bambino l'ormai celebre cancellino conteso? Noi di sicuro no.
Tommaso ha avuto la presenza di spirito di rispondere a questo “signore” che il cancellino era il suo e di andare a parlare con le insegnanti, ma subito dopo mi chiamava in lacrime e spaventato per raccontarmi l'accaduto.
La meridionale che è in me avrebbe voluto “mandargli a mmio cuggino e a mmio zzzio e a tutta la famigghia” per chiarire, invece, da nordica quale sono, ho chiamato la segreteria della scuola, spiegando (con il mio “meraviglioso” tedesco) l'accaduto.
Potrete certamente capire lo sforzo per tenere sotto controllo l'agitazione, i duemila pensieri che mi venivano in mente (tutti in italiano, ovviamente) e per trovare nella mia memoria almeno qualche parola tedesca utile?
A quanto pare ce l'ho fatta, la segretaria ha capito e mi ha passato il preside a cui ho dovuto ripetere l'intera storia (avrei preferito sbattere la testa contro un muro), mettendo l'accento sul fatto che non mi sembrava grave perdere un cancellino, quanto il fatto che un adulto andasse davanti alla scuola a minacciare un allievo.
Su questo punto il preside è stato assolutamente d'accordo con me (tra nordici ci si capisce) ed ha promesso di occuparsene lui, cosa che ha fatto in modo tempestivo e molto professionale, parlando subito con Tommaso e il suo compagno e dando appuntamento al padre guerriero per chiarirgli che è assolutamente vietato fare agguati ai compagni di scuola di suo figlio e che qualsiasi problema va discusso con il personale docente nei luoghi e nei tempi preposti.

Per colmo dell'assurdo, da vero figlio di suo padre, questo bambino ha continuato a chiedere il cancellino a Tommaso che, alla fine, stufissimo, glielo ha dato.
Per colmo dell'assurdo (per la serie “oltre il danno la beffa”) dopo pochi minuti, però, se lo è visto riportare perchè, ha detto il compagno di scuola:”Ma questo cancellino non è il mio”.

Ci si può ridere sopra (noi lo abbiamo fatto) si possono fare battute sull'inciviltà degli arabi (e anche a noi nell'impeto sono sfuggite), soprattutto in relazione alla lievissima motivazione, ma poi....
...bisogna riflettere sulle proprie contraddizioni.

Come si può volere la multiculturalità e poi ergersi su un piedistallo quando questo crea qualche difficoltà? E quale piedistallo poi?

Anzitutto noi italiani, specialmente al sud, siamo talmente abituati alla sfiducia in qualsiasi tipo di istituzione che abbiamo fatto del “farsi giustizia da soli” un'arte e la storia di “mmio cuggino” ecc non è una favola, ma una tradizione da cui non sempre si vogliono prendere le distanza.

Questo pensiero mi ha reso questo padre meno incomprensibile (non che diventeremo amici), ma, soprattutto, mi ha dato la misura della difficoltà di tradurre in fatti la parola “multiculturalità”.

E' evidente che culture diverse hanno modi differenti di risolvere i contrasti (e di vederli) ed è molto difficile rimanere neutrali quando queste differenze ci toccano da vicino.
Molti di quegli stessi tedeschi che in queste ore stanno dando una bellissima prova di apertura mentale preferiscono mandare i figli in scuole private per evitare il più possibile che i loro figli capitino in classi troppo “multiculturali” (soprattutto il rapporto con gli immigrati arabi è molto complesso e meriterebbe un post a sé).

Le parole del preside continuano ad essere belle e commoventi, ma la realtà è meno poetica quando l'integrazione tra culture diverse bisogna conquistarla giorno per giorno, cancellino dopo cancellino.

Se vi va diteci la vostra e, magari, come avreste reagito al posto nostro.

Buona Vita a tutti

venerdì 18 settembre 2015

Il cancellino


Potrebbe sembrare una storia di nessun conto, magari il lamento di una madre iperprotettiva nei confronti delle ingiustizie subite dal suo cucciolo, ma l'avventura che sto per raccontarvi ha messo alla prova il nostro tedesco, il nostro self control e, soprattutto, fatto emergere pregiudizi (e giudizi) che avremmo preferito non avere.

Questo ci ha fatto riflettere e quindi lo vogliamo condividere.

Tutto ha inizio tre settimane fa, a pochi giorni dall'inizio della scuola. Una  una breve premessa, però, è necessaria.

Tommaso ha cominciato quest'anno il primo anno di Gymnasium (la 5.)
Alla “cerimonia di benvenuto”, il Preside ha tenuto un commovente discorso sul valore dell'integrazione e della multiculturalità (sarà che il ginnasio frequentato da Tommaso è costituito per il 50% da bambini di origine straniera?).
Io, da straniera e da convinta sostenitrice del valore aggiunto della “multiculturalità” ero davvero contenta che Tommaso potesse vivere la sua esperienza scolastica a contatto con bambini di diversi paesi, in un ambiente stimolante capace di arricchirlo, al di là delle materie studiate. 
Abbiamo scelto questa scuola anche per questo.

Pochi giorni dopo, però, durante i compiti pomeridiani a scuola, un compagno di origine araba ha chiesto a Tommaso una fotocopia per fare il compito di tedesco perchè lui l'aveva perso.
Lui gliel'ha data e questo bambino se l è incollata sul suo quaderno.
Tommaso ha passato l'intera settimana a cercare di spiegare l'accaduto alle insegnanti per farsi dare una nuova fotocopia; ci è riuscito solo il lunedì successivo. Noi non siamo intervenuti in nessun modo, convinti che debba imparare a cavarsela da solo.

Lo stesso giorno lo stesso bambino, non contento, voleva anche il cancellino di Tommaso, asserendo che era il suo.
Per tutti coloro che non sanno che cos'è un cancellino, è una sorta di pennarello a due punte: con una si cancella l'inchiostro della penna stilografica e con l'altra ci si può riscrivere sopra.
Malgrado l'insegnante presente gli abbia detto che il cancellino era di Tommaso, questo ragazzino ha continuato per tutta la settimana a rivendicare il prezioso oggetto (non so in Italia, ma qui costa 20 centesimi) con tutte le insegnanti che hanno fatto lezione. Per sua sfortuna (e forse anche un po' per nostra) tutte sono rimaste fedeli alla versione della prima professoressa.
Secondo noi era già assurdo che un bambino andasse da ogni insegnante a raccontare la storia del cancellino conteso per farselo ridare, ma non sapevamo che cosa ci aspettava...


Sospendete ogni giudizio....tra qualche giorno vi pubblico il seguito.

sabato 12 settembre 2015

Piccoli vichinghi crescono

                            

Il mio piccolo Giacomo cresce e ormai ha compiuto 5 anni (il 10 settembre).
Crescere in Germania, però, è molto diverso dal crescere in Italia.

Qui si diventa indipendenti molto presto.

A sei anni se non vai e torni da scuola da solo (a meno che non sia molto distante) gli insegnanti si preoccupano e ti vengono a chiedere per quale motivo non permetti a tuo figlio di diventare indipendente.
Proprio ieri ho visto gli abbonamenti del pullman per studenti delle elementari e non è inusuale vedere bambini di 6 anni prendere da soli autobus e metro.

So che la maggior parte delle mie amiche in Italia sarebbe divisa tra “Magari si potesse anche in Italia” e “Il mio povero cucciolo sperso nel vasto e cattivo mondo”.
Anche io, per quanto la mia pigrizia mi regali una mentalità da mamma nordica, vivo questa dicotomia, ma tant'è, mi ci devo abituare.

In Germania, però, non si diventa grandi facilmente perchè, se per Eduardo (de Filippo) “Gli esami non finiscono mai” per il tedesco “Gli esami non iniziano mai abbastanza presto”.
Fedeli alla filosofia del “prevenire costa meno che curare”, a due anni e mezzo/tre tutti i bambini (tedeschi e non) fanno il loro primo Sprachtest (test di lingua).

Il Comune manda un logopedista nelle scuole e testa le conoscenze di tedesco del vostro pargolo.
Questo ha lo scopo di scoprire tempestivamente difetti conoscitivi o di pronuncia, ma nel caso degli stranieri permette di mettere in atto politiche di integrazione precoce.
Infatti, nel caso di Giacomo che ha fatto il test dopo soli due mesi dal nostro arrivo, era specificato che era straniero, che conosceva perfettamente la sua lingua madre (questo sulla fiducia) e che non conosceva il tedesco perchè appena arrivato.

Dopo la “diagnosi” ci hanno proposto una serie di opzioni per fare sì che Giacomo seguisse un corso di tedesco per bambini con un logopedista: in qualunque asilo (nel caso fosse iscritto), o, eventualmente, in un'altra struttura, là dove non avessimo voluto mandarlo all'asilo (o non avessimo trovato posto). In qualsiasi caso, il corso era totalmente gratuito e obbligatorio.

Ora “il prode Giacomino” ha compiuto 5 anni e l'anno prossimo, dopo due anni di asilo e di corso, “dovrebbe” cominciare la scuola elementare.
Dovrebbe” perchè non siamo solo noi a prendere questa decisione. Infatti, il logpedista di cui sopra ci darà un altro appuntamento (a tutti i bambini, anche a quelli che hanno superato il test precedente) per testare nuovamente le conoscenze di tedesco del nostro cucciolo.
Se passerà il test, potrà andare a scuola, altrimenti ci consiglieranno “caldamente” di lasciarlo un anno in più all'asilo.

Da ciò che sappiamo, anche le maestre dell'asilo dovrebbero avere voce in capitolo e potremo dire la nostra anche noi genitori (ma non siamo sicuri).
Per fortuna, a stemperare la tensione ci ha pensato la maestra di Giacomo, che ci ha detto che secondo lei Giacomo non avrà problemi. Ora non resta che pregare che al piccolo vichingo quel giorno non giri storta la luna e che sia collaborativo.

Fino a quel momento il nostro “piccolo” si gode i giocattoli nuovi e la sua festa di compleanno.




Tanti auguri al nostro eroe e Buona vita a tutti voi